giovedì 31 maggio 2012

Irish vote



Fiscal compact, sì o no? Questo il quesito al quale dovranno rispondere, oggi, giovedì 31 maggio, i cittadini irlandesi. L’Irlanda, infatti, è l’unico paese europeo a sottoporre a consultazione popolare il patto, nato 4 mesi fa per tamponare gli effetti traumatici della crisi e per avviare percorsi di maggiore rigore fiscale.
E mentre sondaggi e pronostici danno per vincenti i sì, non mancano coloro che del fiscal compact, così come della troika (Bce, Fmi e Ue) e dell’austerity farebbero volentieri a meno. Come, ad esempio, Sinn Féin, storica formazione socialista irlandese che – similmente a Syriza in Grecia – ha fatto dell’anti-austerità la sua più recente bandiera.
«Ancora una volta – si legge sulla piattaforma web “vote no 2012”, creata dal partito proprio in occasione del referendum – i leader europei hanno fallito e si sono concentrati sui sintomi della crisi più che sulle cause». Nel mirino, dunque, la strategia adottata dall’Unione per gestire una crisi erroneamente ritenuta, spiegano quelli di Sinn Féin, prerogativa della periferia dell’Eurozona, curabile solo con massicce dosi di austerità. «Per accorgersi poi – si leggeche il problema stava coinvolgendo anche le “core economies” dell’Europa, poste sempre più sotto pressione dai mercati e sempre più in difficoltà nel ripagare i propri debiti».
Il governo di Dublino, dal canto suo, promuove la linea della responsabilità. «Non è un referendum qualsiasi – spiega in un video messaggio il Primo Ministro Enda Kenny – e ci sono tre ragioni per votare sì». Anzitutto, spiega, il sì è il modo migliore per consolidare il recente flusso di investimenti da parte delle multinazionali, unica via per incrementare le prospettive occupazionali dei cittadini irlandesi. E poi, in secondo luogo, aprirebbe la strada ai fondi messi a disposizione dall’Ue via “European Stabiliy Mechanism”. «Voglio che il nostro paese abbia lo stesso accesso degli altri a queste opportunità». Last but not least, il sì andrebbe ad aumentare il livello di regolamentazione, in Irlanda così come nel resto d’Europa, ingenerando maggiore responsabilità in fatto di bilanci.

Ma di Fiscal Compact non si parla solo nella verde Irlanda: il trattato occupa (e preoccupa) altre capitali. Prima fra tutte, Parigi: Hollande, infatti, non ha mai fatto mistero della sua volontà di volerne rivedere i contenuti, anche a costo di inasprire i rapporti con i tedeschi di Angela Merkel, contraria ad ogni modifica all’attuale testo. 

Guarda:
Vote Yes VIDEO
Vote No VIDEO

lunedì 21 maggio 2012

Le (cinque) stelle. Viste dall'America



Che cosa si dice del “fenomeno Grillo” in America? Ce lo spiega il New York Times che – un paio di giorni or sono – ha dedicato al comico genovese e al suo movimento un lungo articolo intitolato significativamente “Caustic Comedian Alters Italy’s Political Map. E, in effetti, le 5 stelle hanno “alterato” – eccome –  la costellazione della politica italiana, trionfando in quel di Parma (dove il grillino Pizzarotti conquista la poltrona di primo cittadino), e ottenendo, in generale, risultati più che positivi.
«E’ con una sapiente miscela di pungente umorismo, legittima indignazione e organizzazione grass-root che il movimento di Grillo sta dimostrando di non essere uno scherzo - spiega Elisabetta Povoledo -  tanto che, fondato solo nel 2009, è rapidamente diventato una forza con cui fare i conti nella frazionata e litigiosa arena politica italiana».
«In poco tempo si è trasformato nel vessillo dell’impazienza degli italiani nei confronti dei tradizionali partiti politici, che sembrano aver perso il contatto con i bisogni e con le esigenze dei cittadini. E, in un paese dove l’elite politica viene ormai comunemente definita “la casta” e i sondaggi evidenziano un calo di fiducia verso le forze politiche al di sotto del 5% , il messaggio anti-politico di Grillo ha trovato terreno fertile».
Agli osservatori che tentano di liquidare il movimento come un voto di protesta contro interessi e poteri forti, non dissimile da altri fenomeni europei (Alba dorata in Grecia, i Pirati in Germania), i candidati grillini rispondono «rifiutando l’etichetta e illustrando, entusiasti, la loro agenda, che consiste in una piattaforma ecologica e anti-consumistica, articolata in una serie di varianti locali di grande successo». 
Anche se «di persona è molto più pacato rispetto alla sua appassionata presenza sul palco, dove si lancia in un turbinio di battute e insulti, rivolti tanto ai “moribondi partiti” italiani, quanto ai suoi leader», non sfugge agli americani la componente provocatoria (demagogica?) del comico genovese, « le cui dichiarazioni rappresentano continue onde d’urto».
E nel web, anzi, nel modo di usarlo, sta - secondo gli americani - la risorsa primaria di Beppe Grillo, dove la metamorfosi del mezzo in una sorta di “iper-democrazia” (promossa attraverso il blog e una pletora di siti internet), ha saputo aggregare quegli italiani intenzionati a fare proseliti attraverso un nuovo attivismo politico.
Ed è lasciando spazio alla voce roca del personaggio Grillo che il Nyt chiude un articolo che, forse con meno pregiudizi e più serenità rispetto agli omologhi italiani, racconta un fatto civico e partecipativo: “Non siamo un movimento politico, questa è una rivoluzione culturale che sta per cambiare la società”.


Leggi l'articolo sul New York Times

sabato 19 maggio 2012

Quello che non vorremmo mai vedere






Mentre ancora sono incerte le origini dell'attacco, la sua atrocità è più che certa. E fa il giro del mondo.

giovedì 10 maggio 2012

Il compleanno (amaro) dell'Europa. Intervista a Gianfranco Pasquino.


















Ha l’aria di chi la sa lunga Gianfranco Pasquino, uno dei più autorevoli politologi italiani, docente di Scienza politica all’Università di Bologna e alla Johns Hopkins University. Uno che, oltre ad averla studiata, la politica l’ha anche fatta (è stato senatore per ben undici anni). E con lo stesso sguardo lucido ci spiega questa Europa, giunta oramai al sessantaduesimo anniversario (ieri, 9 maggio, è stata celebrata la Festa dell’Europa, ricorrenza della Dichiarazione franco-tedesca del 1950, primo mattone dell’Europa di oggi). Un progetto, di questi tempi, in balia di un mare in tempesta chiamato crisi.

“Rifare gli italiani per stare in Europa” è il titolo di un suo recente colloquio pubblico con il Presidente Napolitano. Oggi siamo in Europa?
Geograficamente e giuridicamente sì. E poi il nostro è un paese fondatore, che ha espresso commissari europei di grande spessore. Ma bisogna “saper stare” in Europa. E questo non sempre avviene.

Di chi è la colpa?
Della classe dirigente italiana, che continua a vivere e a pensare l’Unione come alibi per quello che non riesce a fare e come vincolo per quello che non vuole fare. Gli unici che sembrano coglierne le opportunità sono i giovani che – grazie al progetto Erasmus – stanno diventando sempre più europei.

Lei, in qualità di docente di scienza politica, è un esperto di sistemi elettorali e di meccanismi di voto. Come avvicinare l’Ue ai cittadini?
Sono state proposte molte soluzioni, tra cui l’elezione diretta del Presidente dell’Unione. Tutte certamente utili – produrrebbero grande mobilitazione – ma, in questo momento, futuribili.

Esiste anche un problema di leadership. Non c’è proprio nessuno in grado di riportarci al centro d’Europa?
Oggi l’Italia è fortunata ad essere rappresentata da due grandi europeisti: Mario Monti, ma anche Giorgio Napolitano che, se solo avesse trenta anni in meno, potrebbe essere un perfetto leader europeo. O, ancora, Mario Draghi, uomo di grandi competenze, convinto della soluzione europea, ma impegnato in incarichi di natura tecnica. Altri, invece, non sono presenti sulla scena europea.

“Economicamente, geograficamente e politicamente, è inevitabile che la Germania rivesta ed eserciti un ruolo di eccezionale importanza nell’Europa unità”.  Lo scrisse lei nel lontano ‘93 e i fatti sembrano averle dato ragione... 
Effettivamente è così, anche se c’è una certa preoccupazione che i tedeschi dettino le linee politiche e, soprattutto, di politica economica.

Cosa dice a chi teme questo ruolo da primus inter pares della Germania?
Che non c’è nulla da temere. Se un paese ha individuato delle soluzioni efficaci è nell’interesse di tutti prenderlo come riferimento. Imitino – invece che subirlo – questo modello.

Le dinamiche globali hanno sempre condizionato il processo di integrazione europea. Una volta, ad esempio, era l’espansionismo sovietico ad unificare l’Europa. Oggi cosa può svolgere questa funzione?
Non vedo fattori esterni in grado, oggi, di rafforzare l’Ue. Anzi, l’atteggiamento ambivalente degli Usa nei confronti del vecchio continente, incide – rafforzandoli – sui tentennamenti europei della Gran Bretagna. 

Nemmeno l’espansionismo economico e finanziario della Cina?
La Cina rappresenta, piuttosto, un aspetto da affrontare. Ma oggi l’opportunità più grande viene dalla crisi, vera finestra sul cambiamento. 

Le difficoltà odierne finiscono, quindi, per rafforzare quella ‘comunità di destino’ di cui parlava Edgar Morin?
La comunità di destino esiste, ma ci vogliono politici che se ne facciano “predicatori”. Ci vorrebbero persone come Altiero Spinelli, ma anche come Helmuth Kohl e François Mitterand. Lo stesso Tony Blair avrebbe potuto essere un ottimo leader europeo.

Ma...
Ma si è bruciato con la guerra in Iraq. Aveva buone qualità oratorie.

Quindi serve anche un po’ di ‘narrativa’, non bastano bravi tecnici...
Esattamente. Purtroppo il prestigio che raggiungono i predicatori dell’Europa non è elevato. Questo è un problema di cultura politica: in Italia dovremmo capire che essere europarlamentari può essere molto meglio che occupare un posto da sottosegretario a Roma. 

Diletta Paoletti

domenica 6 maggio 2012

ψήφος, stimme, voto, vote



Giornata importante, questa, per la politica europea. Oggi, infatti, è il giorno delle elezioni in Grecia, le prime dopo il collasso dovuto alla crisi finanziaria e la conseguente entrata in scena del governo tecnico. Ma è anche il giorno del secondo turno delle Presidenziali di Francia. In Italia, invece, è la volta di una significativa tornata di amministrative, mentre in Germania si vota nel nell'importante Land Schleswig-Holstein. 

Ad Atene la posta in gioco è quella della governabilità del paese, ma anche la sua permanenza nell'Eurozona. In mezzo a pericolosi estremismi, rossi e neri, che sembrano spiccare il volo. In Italia, i dieci milioni di elettori che andranno alle urne per il voto amministrativo lo faranno sullo sfondo di molte le novità. Anzitutto la spaccatura Pdl-Lega nel centrodestra. Il Pd, dal canto suo, potrebbe tenere o subire erosioni di consenso da parte dei partiti antisistema o della sinistra più radicale. Pure senza influenze dirette sul Governo di Mario Monti, il voto - soprattutto se di protesta - potrebbe aprire una fase di (ulteriore) instabilità, con riflessi anche sul (complesso) risanamento economico. 

Nello Schleswig-Holstein, il land più settentrionale della Germania, al confine con la Danimarca, si profila un testa a testa tra i cristiano democratici della Cdu - il partito di Angela Merkel -  e i socialisti targati Spd. Al voto ben  2,2 milioni di cittadini. Un voto regionale, sì, ma molto importante anche per gli equilibri del governo federale di Angela Merkel, e cioè del pilastro che oggi regge, con fatica e suscitando molte critiche, le sorti traballanti di un'Europa in balia della crisi. In attesa di un altra importante giornata elettorale, quella in programma tra una settimana nel popoloso Land del Reno-Westfalia. 


venerdì 4 maggio 2012

Il voto greco



Esattamente tra due giorni, il 6 maggio, una Grecia stremata dalle difficoltà economiche e dal malessere sociale torna alle urne. La posta in gioco è, in primis, quella della governabilità del paese, ma anche la sua permanenza nell'Eurozona. Da una parte, Evanghelos Venizelos, leader del partito socialista Pasok e attuale ministro delle Finanze del governo tecnico Papademos, artefice di una serie di rigide misure di austerity (la cui efficacia tarda a farsi sentire), che ha dichiarato di voler ricostruire l'autonomia economica della Grecia e, sul piano istituzionale, la malandata membership greca nell'Ue. Dall'altra, Nuova Democrazia (ND), formazione di centro destra - con grandi responsabilità nell'attuale crisi economica, per aver truccato i conti, nascondendo il buco nel bilancio pubblico - guidata da Antonis Samaras, politico di lungo corso, ministro dei governi di centrodestra degli anni Novanta, che ha promesso, pur nel rispetto dei limiti e degli obiettivi imposti dalla comunità internazionale, tagli alle tasse e aumento della spesa pubblica. 
La ricetta di Venizelos, invece, propone l’annullamento graduale della “tassa di solidarietà”, imposta negli ultimi anni per combattere la crisi, promettendo anche la graduale riduzione dell’IVA per agricoltori e ristoranti. Ha inoltre dichiarato di voler diminuire i contributi alla sicurezza sociale del 10 per cento, per far ripartire l’economia e l’occupazione (oggi in Grecia i disoccupati sono circa il 25 per cento della forza lavoro). Ha anche promesso la graduale riduzione dell’IVA per agricoltori e ristoranti, sempre nel rispetto dei paletti imposti dalla comunità internazionale.
Segue una sfilza di altri partiti e partitini (in tutto sono 32 - sigh! - le formazioni politiche in lizza). Molto probabile, comunque, una grande coalizione ND-Pasok, dal momento che, da soli, i due partiti non riuscirebbero a formare un governo.  Ma è anche possibile che i due grandi partiti non raggiungano insieme la maggioranza dei voti, scenario che comporterebbe una elevatissima instabilità politica. 
Ma a preoccupare è anche l'ascesa delle forze di estrema destra. «In tempo di crisi economica è la democrazia ad essere svantaggiata», spiega Ilia Maglini in un articolo apparso sul quotidiano greco Kathimerini, citando Robert Paxton autore de "The Anathomy of Fascismo". Osservazione che pare essere confermata: "Alba dorata" - partito nazionalista, il cui simbolo ricorda neanche tanto vagamente una svastica -  ha già superato, nei sondaggi, il 5 per cento dei voti, ben oltre la soglia del 3 per cento necessaria per entrare in Parlamento. Esclation paragonata da Venizelos ad un inquietante precedente, l'ascesa politica dei nazisti durante la Repubblica di Weimar tedesca, appena dopo la Prima guerra mondiale. 



mercoledì 2 maggio 2012

Comunicare l'Europa

ph. Cecilia Dubla for IJF12

Per una volta (concedetemelo!) parlo un po' di me. O meglio, del progetto al quale lavoro presso l’Università di Perugia, presentato nel corso dell’ultima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Di che si tratta? Prendete due ingredienti apparentemente incompatibili, l’Europa e la comunicazione, mescolate, aggiungete l’Università, agitate bene ed ecco a voi “Finestra sull’Europa” (Fise).
Il progetto, tanto semplice quanto innovativo, costituisce una nuova forma di comunicazione dal basso per parlare e, soprattutto, scrivere di Europa. Studenti provenienti da 4 facoltà dell’Ateneo perugino hanno l'opportunità di entrare a far parte, per un periodo di tirocinio, di veri e propri laboratori redazionali, diventando – con il coordinamento di giornalisti professionisti e docenti competenti in materia – “redattori europei”. Il prodotto? Inserti interamente dedicati all’Europa, pubblicati nei quotidiani locali a maggiore diffusione.
Ma andiamo con ordine. Tutto nasce dall’esigenza di comunicare (più e meglio) l’Unione europea, “questa sconosciuta”. In Italia, infatti, in pochi conoscono la Ue, le sue istituzioni e le sue attività. E questo nonostante il fatto che ben i 2/3 degli atti interni derivino, direttamente o indirettamente, da decisioni prese a Bruxelles. Insomma l’Europa ci tocca da vicino, riguarda le nostre vite quotidiane, così come le nostre scelte, le nostre abitudini e le nostre azioni. Ma, il più delle volte, non lo sappiamo.
Ph. Cecilia Dubla for IJF2012
Questo deficit di conoscenza è nutrito da un altro deficit, quello di informazione (e allo stesso tempo lo nutre): l’Europa è troppo poco presente nei media tradizionali (carta stampata, radio e tv) e, quando è presente, lo si deve alla straordinarietà degli eventi o delle circostanze. Un esempio su tutti? L’attuale crisi economico-finanziaria: i vertici dei Capi di Stato e di Governo alle prese con il terremoto dell’Eurozona, così come – ad esempio – il dibattito sugli Eurobond, hanno ottenuto grande eco nei mezzi di informazione. Quello che manca è, invece, la copertura mediatica dell’attività ordinaria dell’Unione europea, delle sue decisioni e della sua legislazione. Certo, c’è la comunicazione istituzionale, ma è percepita troppo distante e asettica, incapace di creare un qualsivoglia feeling tra cittadino e Europa.
È proprio qui che interviene il progetto FISE: facendo scrivere di Europa ai ragazzi, la comunicazione diventa informale, diretta e accessibile. I temi trattati? Tanti, dall’economia alla finanza, passando per ambiente, diritti e cittadinanza. Ma sempre con l’obiettivo di semplificare anche gli argomenti più tecnici, con un occhio alla platea di lettori ed ai loro interessi. E mentre si fa informazione, si formano quelli che potranno essere i futuri comunicatori europei. La formula, in grado di coniugare informazione e formazione, si è dimostrata particolarmente vincente, tanto che altre Università italiane (Roma La Sapienza, Firenze, Teramo e Macerata) hanno deciso di seguirci in questo percorso, replicando altrove il modello di Finestra sull’Europa che ha raggiunto, così, addirittura 13 milioni di potenziali lettori. Prezioso, in questo senso, il sostegno del Dipartimento Politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
Il tutto per diffondere una comunicazione dal basso per un’Europa ...sempre più a portata di mano!


Grazie al Festival Internazionale del Giornalismo per averci ospitati! (GUARDA il video integrale del workshop). Hanno partecipato, insieme alla sottoscritta, Fabio Raspadori (docente di Diritto dell'Unione europea a Perugia ed ideatore del progetto FISE), Massimo Persotti (Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri), Pier Virgilio Dastoli (Già Direttore della Rappresentanza della Commissione europea in Italia e Presidente del Movimento europeo). 

Grazie anche a Radio24 e a Federico Taddia, che mi ha ospitata a L’Altra Europa proprio per parlare di comunicazione europea! (ASCOLTA la puntata).