venerdì 4 aprile 2014
Renzi e la politica passe-partout
Questa storia del Veneto fa riflettere. Non tanto per il folklore di qualche esaltato o per le rivendicazioni più o meno pittoresche. Ma per quello che c'è dietro: al netto della messinscena del carro armato, occorre riflettere su un malessere diffuso, di una terra abituata ad elevati livelli di produttività che si ritrova, oggi, a far fronte ad una contrazione del numero delle imprese e di attività di famiglia. Un disagio profondo, di un intero territorio. Cui servono risposte.
Mi viene allora in mente un comizio di Matteo Renzi al quale ho assistito in passato, risalente al periodo delle primarie del 2012. Incuriosita dall'ascesa del giovane sindaco fiorentino, sono andata ad ascoltarlo quando - a bordo del camper - girava la penisola. Idee e promesse mirabolanti, per carità! Chi può mai essere contrario al rinnovamento, alla volontà di ricambiare una classe dirigente da troppo tempo inamovibile? Chi non vorrebbe, ancora, la modernizzazione del paese? Ma mai, in quelle parole, una specificità, mai un riferimento alle problematiche di un territorio. One man show dal forte sapore di marketing e artificio, un format ripetuto secondo copione in lungo ed in largo per l’Italia, sempre uguale a se stesso, anonimo. Amici, il Grande Fratello e chi più ne ha più ne metta. Lo show che funziona, che fa presa, ma niente domande, niente interazione. Niente dibattito.
Bordate anticasta, strizzate d’occhio ai bisogni (sacrosanti) della gente, intervallati con video ruffiani tratti dal (per altro bellissimo) “Non ci resta che piangere”, dalle imitazioni di Crozza e, per parlare di finanza, dalle gag di Cettola Qualunque. Basta così poco agli italiani? E la visione politica? Si strizza l’occhio di qua e di là, per arraffare più voti possibile. E la coerenza?
Leggendo queste righe, alcuni potrebbero vederci la solita (iper)critica intellettualoide, perfezionista e pessimista, alla quale contrapporre l'ottimismo dello "speriamo sia la volta buona" e del "lasciamo lavorare Renzi, è la nostra ultima speranza".
Già, perché sono sempre più coloro, oggi, disposti a firmare al primo ministro un assegno in bianco.
È la logica (e la retorica) dell'ultima spiaggia, pericolosa perché ammette e consente tutto.
Perché, in nome dell'emergenza, si abbassa la guardia e non si va troppo per il sottile.
Salvo poi, forse, pentirsene.
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