lunedì 5 novembre 2012

Scene di ordinario razzismo in ospedale



Sabato mattina, l'ospedale è, al solito, affollato. I corridoi pullulano di varia umanità. Aspetto l'ascensore che, anche esso al solito, non arriva mai.

Accanto a me una coppia. Sorrisi di circostanza in nome della comune attesa. Lei è incinta, come è chiaro dal grande ventre arrotondato e dalla tipica espressione, con quel misto di orgoglio e apprensione.
L’inconfondibile  suono annuncia l'arrivo dell’ascensore. Dentro ci sono tre ragazzi di colore. Della coppia, l’uomo, passo deciso, fa per entrare. Lei no. Dice no. Determinata e a voce alta. Quasi stizzita, nell’esprimere il suo rifiuto sprezzante per coloro che considera altro da sé. Sceglie di aspettare un altro ascensore, forse per lei più rassicurante.
È spaventosamente impressionante vedere come oggi – nel mondo ultraglobalizzato del 2012 – ci sia ancora qualcuno preda di un istinto tanto basso quanto probabilmente inconscio. È tremendamente inquietante vedere una giovane donna spaventarsi per qualcosa di così naturale come il colore della pelle. 
Perché nessuno, ma proprio nessuno, dovrebbe temere quelle differenze che ci rendono così uguali.

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