martedì 3 febbraio 2015

Un discorso ecumenico


"L'arbitro deve essere imparziale, ma i giocatori lo aiutino con la loro correttezza". Così il neoeletto Presidente della Repubblica Sergio Mattarella raffigura, quasi plasticamente, il ruolo che intende interpretare. 
Le sue prime parole sono per l'Italia, come Paese - "dal nord al mezzogiorno" - unito nelle attese e nelle aspirazioni dei concittadini. La crisi ha indebolito anche l'unità, "fragile e lontana". Un'unità nazionale che deve divenire "orizzonte di speranza". Occorre realizzare le speranze degli italiani, far fronte "alle aumentate ingiustizie, alle nuove povertà, così come all'emarginazione ed alla solitudine". Pensa ai giovani, alla forte disoccupazione e auspica che la "crisi economica che non si traduca in crisi di valori". 
Un presidente keynesiano, Mattarella, che si augura un'inversione del ciclo economico, inversione da alimentare, guardando "non solo alla finanza, ma alle imprese e ai giovani". 
A mio parere il passaggio da apprezzare di più è quello sul Movimento Cinque Stelle. Un passaggio concreto e calato nel reale. Come è ovvio, non lo cita ma è facile, facilissimo, riconoscere i pentastellati in queste parole. "Emergono nuove modalità di espressione, nel Paese come nella politica. Impossibile non evidenziare la novità ed il cambiamento, rappresentato dalle molte donne e giovani parlamentari". Insomma, una strizzata d'occhio al M5S, blandito nella sua volontà di cambiamento: che voglia tentare di ricondurlo nel recinto della responsabilità? "In queste aule si è rappresentanti del popolo italiano e del paese. E la politica è servizio al bene comune".  
C'è un sostegno aperto alla necessità di riforma della Costituzione: "desidero esprimere l'auspicio che il percorso sia portato a compimento con l'obiettivo di rendere più adeguarta la nostra democrazia e di rafforzare il processo democratico, bilanciando l'esigenza di governo con la dialettica parlamentare". 
E qui sembra porsi in una posizione di favore verso il processo di revisione della seconda parte della Costituzione, smentendo le tesi di alcuni, secondo cui Matteo Renzi si sarebbe eroicamente scelto un ostacolo al Quirinale, con riferimento proprio al rimaneggiamento della Carta fondamentale. Stesso auspicio per la nuova legge elettorale. 
E poi ci sono tanti riferimenti: all'informazione libera, "presidio di democrazia". Alla Resistenza - il "sacrificio di tanti" (tutta l'aula in piedi e, forse, uno degli applausi più lunghi). "La lotta alla mafia ed alla corruzione sono priorità assoluta" (e, con riferimento alla corruzione, Matteo Renzi dovrebbe darsi da fare). 
Cita Falcone e Borsellino e la voce si spezza: l'elemento biografico, l'esperienza del fratello Piersanti vittima della mafia, emerge prepotente, dando a quelle parole una particolare intensità. Parla della diffusione delle mafie, "antiche e nuove, anche in territori prima storicamente immuni", in uno dei passaggi più intensi del discorso che rende simbolicamente non di poco conto il suo essere siciliano. 

C'è anche il terrorismo che "ci inorridisce", dal Medio oriente, all'Africa, fino a Parigi". 
Mi ha colpito il riferimento al piccolo Stefano Taché ucciso nella sinagoga di Roma nel 1982. 
Anche Il passaggio sull'Europa è ampio: la si ricorda come contesto nella quale l'Italia - dopo la II guerra mondiale - ha potuto diventare sovrana. Auspica l'Unione politica, "da rilanciare senza indugio", così come le affermazioni dei diritti di cittadinanza nello spazio europeo di libetà, sicurezza e giustizia". 
Non manca un pensiero alle "famiglie in fuga verso l'Europa del diritto e della democrazia": l'immigrazione, materia delicatissima da affrontare con grande urgenza.
Da buon democristiano cita Papa Francesco, a proposito della corruzione e della solidarietà. Ma poi, a pensarci bene, il pontificato di Francesco è oramai divenuto di dominio di tutti, non più solo di coloro che si ascrivono alla tradizione del cattolicesimo democratico. 
Cita direttamente l'art. 11 e il ripudio alla guerra. 
Cita i Marò, concedendo spazio ad un tema che istituzionalmente sembra non essere trascurabile. 
Chiude tornando al popolo, con l'auspicio "che si senta comunità, nella speranza verso la serenità e la pace".  

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