Auto in fiamme, sassaiole,
scontri con la polizia e numerosi arresti. È guerriglia urbana a Stoccolma. Da giorni, la capitale svedese vive qualcosa di
simile ai riots londinesi
dell’estate 2011 e alle rivolte delle banlieu parigine di qualche anno fa. La miccia che ha
fatto esplodere la rabbia dei dimostranti? La fatale uccisione da parte della
polizia di un uomo di 69 anni armato di machete ad Husby, sobborgo povero epicentro della protesta. Ma il
nervosismo viene piuttosto dal violento dibattito degli ultimi tempi sulla
reale o meno integrazione della presenza immigrata in Svezia. Il paese,
infatti, è tra quelli in Europa con il maggiore tasso di presenza immigrata (in
rapporto alla popolazione di riferimento). Gli elevati livelli di
disoccupazione – uniti a
riemergenti forme di razzismo – hanno incendiato gli animi, fino all’escalation di violenza attualmente in corso.
«Sta avvenendo qualcosa di simile a quanto accaduto a
Londra e a Parigi, anche se non ancora a quei livelli. Ma è il segnale di un
malessere, è il segno del fallimento dell’integrazione», spiega al Financial Times Per Adman, professore alla Uppsala University.
Secondo il Primo Ministro, Fredrik Reinfeldt, «si tratta di un gruppo di
giovani convinti di poter cambiare la società con la forza». «Dobbiamo essere
chiari – continua – l’uso della violenza non è un modo per dar voce alla
libertà di espressione in Svezia». Un duro colpo, questo rappresentato dai riots, al modello scandinavo, a quel
blend di sicurezza e flessibilità invidiato da molti e a quel Welfare State
tanto sviluppato da costituire un esempio virtuoso in tutto il territorio
europeo.Leggi anche:
Londra ieri e oggi
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