Liliana Lilli Bilancia Blanco, omaggio a G. Verga Novelliere, Olio su tela |
«Ei pensava che era stato sempre là, da bambino, e aveva sempre visto quel buco nero, che si sprofondava sotterra, dove il padre soleva condurlo per mano. Allora stendeva le braccia a destra e a sinistra, e descriveva come l'intricato laberinto delle gallerie si stendesse sotto i loro piedi all'infinito, di qua e di là, sin dove potevano vedere la "sciara" nera e desolata, sporca di ginestre riarse, e come degli uomini ce n'erano rimasti tanti, o schiacciati, o smarriti nel buio, e che camminano da anni e camminano ancora, senza poter scorgere lo spiraglio del pozzo pel quale sono entrati, e senza poter udire le strida disperate dei figli, i quali li cercano inutilmente.
Ma una volta in cui riempiendo i corbelli si rinvenne una
delle scarpe di mastro Misciu, ei fu colto da tal tremito che dovettero tirarlo
all'aria aperta colle funi, proprio come un asino che stesse per dar dei calci
al vento. Però non si poterono trovare né i calzoni quasi nuovi, né il
rimanente di mastro Misciu; sebbene i pratici affermarono che quello dovea
essere il luogo preciso dove il pilastro gli si era rovesciato addosso; e
qualche operaio, nuovo al mestiere, osservava curiosamente come fosse
capricciosa la rena, che aveva sbatacchiato il "Bestia" di qua e di
là, le scarpe da una parte e i piedi dall'altra.
Dacché poi fu trovata quella scarpa, "Malpelo"
fu colto da tal paura di veder comparire fra la rena anche il piede nudo del
babbo, che non volle mai più darvi un colpo di zappa, gliela dessero a lui sul
capo, la zappa. Egli andò a lavorare in un altro punto della galleria, e non
volle più tornare da quelle parti. Due o tre giorni dopo scopersero infatti il
cadavere di mastro Misciu, coi calzoni indosso, e steso bocconi che sembrava
imbalsamato. Lo zio Mommu osservò che aveva dovuto penar molto a finire, perché
il pilastro gli si era piegato proprio addosso, e l'aveva sepolto vivo: si
poteva persino vedere tutt'ora che mastro "Bestia" avea tentato
istintivamente di liberarsi scavando nella rena, e avea le mani lacerate e le
unghie rotte.
- Proprio come suo figlio "Malpelo"! - ripeteva
lo "sciancato" - ei scavava di qua, mentre suo figlio scavava di là
-. Però non dissero nulla al ragazzo, per la ragione che lo sapevano maligno e
vendicativo.
Il carrettiere si portò via il cadavere di mastro Misciu
al modo istesso che caricava la rena caduta e gli asini morti, ché stavolta,
oltre al lezzo del carcame, trattavasi di un compagno, e di "carne
battezzata". La vedova rimpiccolì i calzoni e la camicia, e li adattò a
"Malpelo", il quale così fu vestito quasi a nuovo per la prima volta.
Solo le scarpe furono messe in serbo per quando ei fosse cresciuto, giacché
rimpiccolire le scarpe non si potevano, e il fidanzato della sorella non le
aveva volute le scarpe del morto».
da “Rosso Malpelo”, Giovanni Verga.
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