Italia e
Spagna, ebbene sì, maglia nera in fatto di “Adult skills”, e cioè quell’insieme variegato di
competenze e capacità tanto utili nel lavoro quanto nella vita sociale.
L’amaro
verdetto viene dalla ricerca portata a termine in 24 paesi dall’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) e presentata oggi, martedì 8 ottobre.
Gli
indicatori? Anzitutto il tasso di alfabetizzazione, inteso come abilità di comprendere
e utilizzare al meglio testi scritti. Non solo pura decodifciazione, quindi, ma
anche valutazione ed interpretazione di messaggi complessi. Poi l’abilità di calcolo, la capacità di utilizzare
interpretare e comunicare informazioni numeriche. C’è poi il problem solving, concetto calato oggi in un contesto
altamente tecnologizzato, un quid oramai imprescindibile che ha a che fare con la capacità di
usare le tecnologie digitali, gli strumenti di comunicazione e le reti, in modo
tale da acquisire ed utilizzare informazioni, mettendosi in relazione con gli
altri. Risolvere problemi, insomma, tanto nella vita privata, quanto nel lavoro
e nel proprio contesto sociale, definendo obiettivi appropriati e scegliendo le
informazioni adeguate allo scopo.
L’apprendimento,
infatti, non dovrebbe finire con la fine del periodo scolare: i cittadini devono poter continuare
ad investire nelle loro abilità e nelle loro competenze lungo il corso della
loro vita adulta, tanto più che le abilità di cui qui si parla non sono
direttamente connesse ai livelli di istruzione. In alcuni paesi, ad esempio, un
quarto dei laureati finiscono in fondo alla classifica, mentre in Australia,
Filanda, Giappone e Norvegia più di uno su tre cittadini senza elevata scolarizzazione
raggiungono comunque livelli elevati in fatto di Adult Skills.
Insomma,
dalla ricerca è chiaro che un buon utilizzo di queste abilità aumenta le
prospettive di impiego, migliora la qualità della vita e funge da potente
volano per la crescita economica.
Un aspetto, quello della formazione permanente, che
dovrebbe essere valorizzato anche in periodi di vacche magre, viste le
documentate ricadute positive.
Link al sito dell'OECD.
Link all'articolo del The Guardian sulla ricerca
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