Il Il video realizzato nel corso dello scambio interculturale
In un momento difficile
per il processo di integrazione europea, schiacciato tra le difficoltà della
crisi e gli errori nel gestirla, fa bene ricordarsi che l’Europa unita non è
solo finanza e burocrazia, ma anche e soprattutto una miniera di opportunità.
Come ci racconta Francesca Spatola, 30 anni, giornalista, che ha partecipato ad un
progetto di scambio in Lettonia.
Come
ti è venuta l’idea di partecipare a un progetto di scambio in Lettonia?
A settembre, dopo aver
lavorato 9 mesi all’Ufficio d’Informazione del Parlamento europeo, ero alla
ricerca di nuove esperienze formative e volevo provare con il volontariato
all’estero. Mi sono ricordata del programma europeo Youth in Action, che promuove scambi interculturali tra Paesi
europei e quelli prossimi all’adesione.
Guardando le varie offerte
sul sito scambieuropei.it ho notato subito un progetto lanciato da una Ong
Lettone dal nome “Patverums – Drosa Maja” della durata di dieci giorni sui
problemi e le realtà del traffico di esseri umani. Avendo una passione per il
diritto, essendo laureata in legge, mi sembrava interessante approfondire
l’argomento.
Come
sei stata selezionata?
Ho inviato subito il mio
curriculum considerato che erano ancora aperte le selezioni. Dopo poco mi è
arrivata la risposta, mi avevano preso.
Sensazioni
prima della partenza?
Ero molto emozionata, non ero
mai stata in Lettonia e il progetto prevedeva la partecipazione di altri 5
Paesi europei: Italia, Portogallo, Romania, Cipro e Crozia. Ho pensato che
fosse un’opportunità per conoscere persone diverse e per farmi un’idea della
situazione socio-economica dei loro Paesi di provenienza.
In
cosa consisteva il progetto, cosa hai fatto in quei dieci giorni?
Per dieci giorni abbiamo
fatto ricerche, progetti e presentazioni, studiando e analizzando il problema
del traffico degli esseri umani in tutte le sue forme, sia a livello locale e
sia a livello europeo. Studiare e organizzarci insieme per le presentazioni,
due ogni giorno, è stato incredibile. Nonostante i diversi background culturali,
le età diverse (andavano dai 16 ai 33 anni) eravamo sulla stessa lunghezza
d’onda, ci ascoltavamo a vicenda e le idee degli altri servivano a
intensificare e a migliorare quelle altrui. Come una palla di neve che rotola
giù da una montagna, diventa sempre più grande, perché raccoglie altra neve
lungo il tragitto.
In un breve tempo abbiamo
sviluppato un sentimento di fratellanza e sorellanza, si dormiva i, si mangiava
e si giocava anche insieme. Il programma era fatto di lavoro di gruppo, pause
caffè e simpatiche interruzioni per respirare l’aria aperta del freddo vento
lettone.
Qual’era
il compito della Ong?
L’Ong ci formava, riusciva a
coordinarci dandoci delle regole di convivenza che se non erano rispettate, si
doveva aiutare a fare piccoli lavoretti di pulizia. I volontari e i responsabili della Ong sono stati degli
insegnanti fantastici, non solo riuscivano con un metodo di lezione attiva ad
interessarci, ma hanno sempre mantenuto alto l’umore del gruppo, riuscendo
sempre a redimere i pochi e brevi dissidi che venivano da una convivenza con 30
persone.
Esattamente
la Ong di cosa si occupa?
La Ong si occupa sia della
tutela legale delle vittime di tratta, sia del loro recupero. E’ un lavoro
molto difficile perché la maggior parte dei casi non sono denunciati. Inoltre,
sviluppa seminari d’informazione sulla tratta, per bambini e adulti. La sua
pianificazione è molto ampia, il 18 ottobre ad esempio era la giornata europea
contro la tratta degli esseri umani e per tutto un mese sono stati organizzati
dibattiti, conferenze e il lancio di una campagna d’informazione.
Quale
progetto ti ha entusiasmato di più?
In previsione del lancio
della campagna d’informazione, durante la nostra permanenza abbiamo creato e
realizzato l’idea di uno spot-pubblicità progresso per informare le persone del
problema. Ci siamo divisi in due gruppi e abbiamo in sole sei ore pensato a due
idee diverse. Un lavoro che di solito richiede almeno 1 mese, siamo riusciti a
realizzarlo in poche ore, questo lascia intendere quanto il gruppo fosse
sinergico e quanto si lavora bene in un ambiente internazionale.
Qual
è stata l’idea del tuo gruppo?
A seguito della formazione
ricevuta nella prima settimana, il primo pensiero che ci è venuto in mente è
stato il fatto che la vittima di tratta è scambiata come una merce, non è più
umana, diventa un oggetto. Dopo un paio d’idee scartate, abbiamo pensato che il
modo migliore era rappresentare il momento della vendita e mostrare delle
scatole molto grandi che si scambiano due trafficanti. Il compratore apre la
scatola, da cui esce il viso livido di una ragazza. Sul davanti c’è una scritta
che dice: “Nome prodotto Schiavo, Made in Moldavia”. L’altro gruppo ha invece
approfondito il momento della perdita dei diritti di una ragazza e della violenza
sulla stessa, un video altrettanto interessante e soprattutto molto
commuovente.
Questi due video la stessa
sera sono stati messi online e hanno iniziato a girare su internet. Pochi
giorni fa sono stati utilizzati per il lancio della campagna di informazione in
Lettonia.
E’ grazie a questi programmi
che noi europei riusciamo a conoscersi e a creare nuove intese.
Questa è l’Europa che voglio, questa è l’Europa del
futuro.
Per maggiori informazioni:
Il sito dell'associazione,
la pagina Facebook
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