Se ne parla tanto in questi mesi caratterizzati da una forte pressione migratoria in atto nei confronti del Vecchio Continente, mentre lo spettro di muri e reti divisorie ricompare più sinistro che mai.
Ma cosa è esattamente la cosiddetta "Area Schengen"? Come funziona e da quali regole è caratterizzata?
La storia ha inizio nel Lussemburgo, a Schengen appunto, nel 1985 in occasione della firma di un accordo intergovernativo il cui obiettivo è quello di garantire la libertà di circolazione delle persone, libera circolazione che - insieme a quella delle merci, dei servizi e dei capitali - ha costituito uno degli aspetti più evidenti dell'integrazione europea. Ogni cittadino dell'Unione può viaggiare, spostarsi e lavorare all'interno dei paesi europei senza intoppi alle frontiere.
Nel 1990 viene firmata la Convenzione che implementa l'accordo di 5 anni prima. Ma ci vuole un ulteriore lustro perché il sistema Schengen diventi realtà (1995), coinvolgendo - siamo all'inizio - solo 7 Stati. In altre parole, la cooperazione di Schengen permette di attraversare i confini interni senza essere sottoposti ai controlli alle frontiere.
Ad oggi qual è la situazione? Del sistema Schengen fanno parte 26 Stati, di cui:
• 22 Paesi appartenenti all'Ue, con eccezione di Bulgaria, Cipro, Croazia, Romania, Irlanda e Regno Unito
• 4 Stati NON UE, ossia: Islanda, Norvegia, Svizzera, Liechtenstein.
L'assenza de facto di frontiere interne, dunque, garantisce la libertà di movimento a 400 milioni di cittadini europei, così come a molti non cittadini europei. Ogni persona può attraversare le frontiere interne senza essere oggetto di controlli alla frontiera. Ciò non toglie che possano essere effettuati controlli di polizia disposti dalle autorità nazionali, purché la finalità del controllo non sia l'attraversamento della frontiera in quanto tale, ma altre esigenze di polizia e di informazione finalizzata alla tutela della sicurezza e della legalità.
Ma veniamo alle possibili sospensioni di Schengen: il sistema permette agli Stati membri di reintrodurre controlli alle frontiere in caso di eventi che minaccino seriamente la sicurezza pubblica e la sicurezza interna. Viene chiarito che: "la reintroduzione dei controlli alle frontiere deve rimanere un'eccezione, in linea con il principio di proporzionalità. Inoltre, l'estensione della sospensione della libertà di movimento deve essere strettamente legata alla sussistenza della minaccia.
Nonostante queste che potremmo definire "avvertenze", rimane il fatto che sospendere o meno la libertà di circolazione è prerogativa degli Stati Membri: la commissione europea può solo pronunciarsi sulla necessità e sulla proporzionalità della scelta del singolo Stato membro. Nessun veto UE è possibile in questo senso.
Esistono 3 fattispecie che permettono la reintroduzione di controlli alle frontiere:
1) In caso di "Eventi prevedibili" (es. eventi sportivi) : la durata della misura è limitata a 30 giorni rinnovabili (ma non per un totale che ecceda i 6 mesi). Lo Stato membro deve notificare questa decisione alla Commissione ed agli altri stati almeno quattro settimane prima della reintroduzione dei controlli alle frontiere.
2) Casi che richiedono azioni immediate: è possibile, per uno o più Stati membri reintrodurre i controlli alla frontiera senza preavviso e per la durata di 10 giorni. Commissione e altri Stati membri devono essere tempestivamente avvisati. i diedi giorni possono essere prolungati di venti giorni, entro un massimo di due mesi.
3) Casi in cui circostanze eccezionali mettono in crisi il sistema Schengen nel suo insieme.
In presenza di serie e persistenti minacce alla sicurezza interna e alla sicurezza pubblica, il Consiglio può, su proposta della Commissione, raccomandare che uno o più Stati membri reintroducano i controlli alla frontiera. Si tratta di una cosiddetta ultima spiaggia, misura tesa a salvaguardare un comune interesse dell'Area Schengen nel suo complesso.
Delineate le casistiche previste, vediamo alcuni casi recenti di sospensione del sistema Schengen:
Ma area Schengen non significa solo libertà di transito attraverso i confini interni, ma anche cooperazione in materia giudiziaria e di polizia con riferimento ai confini esterni. Le autorità degli Stati europei lavorano assieme a tutela della sicurezza dei cittadini e di coloro che viaggiano nel territorio europeo. L'abolizione dei controlli ai confini interni, non può - questo è il senso - andare a scapito della sicurezza. Dal momento che non esistono controlli ai confini tra gli Stati dell'area Schengen, i paesi UE hanno decido di unire le forze al fine di conseguire un duplice obiettivo: aumentare la sicurezza attraverso un efficace controllo delle frontiere esterne e facilitare l'accesso a coloro che hanno un legittimato interesse ad entrare nell'Unione.
Esistono anzitutto meccanismi di condivisione delle informazioni come il VIS, Visa Information System, che permette agli Stati Schengen di scambiare i dati dei visti, in particolare quelli relativi ai soggiorni brevi; Il SIS, Schengen Information System, invece, permette di scambiare dati sui sospetti criminali o persone che possono non avere il diritto di entrare e risiedere nel territorio dell'Unione.
Con riferimento specifico ai confini esterni, e dunque all'ingresso e transito dei non-europei, è di pochi giorni fa la notizia che la Commissione intende rafforzare il Sistema di informazione sulla sicurezza dei confini, attraverso il potenziamento di database e tecnologie per assicurare una migliore condivisione dei dati, nel rispetto della privacy (per maggiori informazioni qui).
Insomma, stando a quanto detto prima, la scelta dell'Austria con riferimento ai controlli al Brennero ed alla creazione di una frontiera anche fisica attraverso rete metallica, non sembrerebbe affatto rientrare nelle fattispecie previste dal diritto europeo.