Perché l'Italia deve dividersi su tutto. Deve sbattersi su tutto. Deve tingere, tutto, di bianco o di nero. Sta nel suo dna accapigliarsi (con se stessa) per ogni cosa. E non importa se sia essenziale o insignificante, fondamentale o secondaria, marginale o centrale. L'importante è dividersi. Non dividersi con la forza del ragionamento e con garbo, ma urlando, facendosi beffe dell' "altro da sé". Ed è successo anche oggi, a proposito dell'oramai già famigerata intervista di Aldo Cazzullo a Francesco de Gregori (Corriere della Sera). Sì, proprio così: per un'intervista. Una sola e semplice intervista di fine luglio. Non entro nel merito (comunque a me non è dispiaciuta) e mi limito a registrare i fiumi di clic e di parole, di hashtag e di post. Come funghi spuntano qua e là commenti, note di sarcasmo, prese in giro. Le parodie si intrecciano alle analisi seriose, le note apologetiche alle accuse. E frotte di giornalisti o sedicenti tali, in cerca di un posto al sole, criticano, commentano, linkano, mentre #DeGregori diventa - in meno di un'ora - trend su Twitter, che nemmeno avesse pubblicato un nuovo album. Il partito "contro l'intervista" ne sottolinea l'inutilità, mentre quello a favore la riprende e la cita urbi et orbi.
Pare strano, ma è lo stesso paese dell'omertà con i poteri criminali, del silenzio ventennale contro il conflitto di interessi, della irresponsabilità civica. E di tanta altra colpevole indifferenza.
Ma - di grazia - con tutte le folle di incapaci, incompetenti e balordi che, in tv come sulla carta stampata, parlano e straparlano, magari occupando posti di potere, perché prendersela con una chiacchierata con un cantautore che ha fatto storia?
Quanta energia sprecata. Quanto inutile fumo che si crede dibattito.
Ed è ancora una volta vero quello che dice il nostro Jep Gambardella, perché la Grande Bellezza è tutta sedimentata "sotto il chiacchiericcio e il rumore".
Viva l'Italia.
Ah, e comunque ha sempre ragione lui:
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