La hp di "British Influence" |
Può essere definita una “cross-party initiative” quella di “British Influence” think tank pro-Europa nato su iniziativa di vari funzionari e opinion leader e che sta drenando risorse da una parte e dall’altra degli schieramenti della politica inglese.
Proprio oggi il gruppo ha
pubblicato il suo manifesto, “Better off in a Better Europe”.
Ecco l’articolo che lo
presenta.
Perché, con un piede dentro ed uno fuori, la Gran
Bretagna continua paradossalmente ad essere la nazione più impegnata in un serio dibattito
sull’Unione eruopea e sulle riforme di cui essa ha bisogno.
***
Per oltre 500 anni la Gran
Bretagna è stata un grande attore in Europa. In primo luogo, per garantire che
nessun paese fosse libero, da solo, di determinare aggressivamente il futuro
del vecchio continente; in secondo luogo, per spingere il continente verso i nostri valori
fondamentali di democrazia, libertà e Stato di diritto. Considerando dove era
l'Europa un secolo fa, non si può dire che l’influenza britannica non sia
riuscita in questi compiti. Ma gli isolazionisti vorrebbero farci credere che
la Gran Bretagna non ha voce in Europa ed è, al suo interno, senza amici.
Questo messaggio disfattista è sbagliato e pericoloso. La Gran Bretagna
possiede sia influenza che alleati. Il Regno Unito deve occupare il posto di
guida, e non farsi trascinare. La leadership è in palio: evitarla
significherebbe rinunciare ad una responsabilità nazionale, indegna per la
nostra storia.
I nostri partner in
Europa, in America e nel Commonwealth vogliono la Gran Bretagna continui a svolgere
un ruolo di primo piano in Europa. Ma presteranno sempre meno attenzione se ci
avvieremo verso l'uscita. L'unico modo per ottenere le riforme dell'UE nel che
vogliamo è rimanervi e lavorare, da dentro, per il cambiamento: l'UE non
cambierà nel modo che vogliamo, se ne usciamo. Lasciare l'Unione sarebbe per il
Regno Unito un enorme errore strategico, una completa negazione dei nostri
interessi nazionali. Rinunciare all’Ue metterebbe in pericolo non solo la
nostra economia, ma minerebbe il nostro rapporto politico con gli Stati Uniti e
il nostro impatto sulla Cina, India e le altre potenze emergenti. L’isolamento
ci renderebbe più deboli e più poveri. Il mondo sta cambiando e la capacità
della Gran Bretagna di influenzare l'impegnativo ambiente globale è meglio
assicurata nel quadro di un partenariato con i nostri vicini europei.
Il mondo globalizzato è
ormai tenuto insieme da regole forgiate nelle sedi internazionali. Per
garantire la crescita e creare posti di lavoro, la Gran Bretagna deve sedere al
tavolo dove tali norme vengono decise. Al di fuori dell'Ue, la vendita di beni
e servizi inglesi in Europa significherebbe conformarsi continuamente alle
mutate norme Ue. Con l’uscita dall’Unione, il Regno unito perderebbe in fatto
di sovranità, invece che guadagnarne. Westminster diventerebbe, al pari della
Norvegia, una “fax democracy”.
Quindi dobbiamo rimanere,
per vincere. Tuttavia, sono più che mai necessarie riforme economiche e
politiche, e la Gran Bretagna dovrebbe condurle. Attraverso la creazione di alleanze
con i tanti amici che condividono le nostre opinioni possiamo riformare
attivamente l'Ue e proiettare questi valori in Europa e, attraverso essa, al
resto del mondo. Sarebbe un errore storico di abbandonare questo compito
proprio ora, quando il ruolo della Gran Bretagna è più che mai necessario. È
per questo che il Regno unito dovrebbe adoperarsi per porre in essere le riforme
dall'interno, e non minacciare un “rimpatrio unilaterale dei poteri”; dovremmo
proporre un ordine del giorno per il cambiamento, che offra miglioramenti per
tutti i membri, e non solo un accordo speciale per la Gran Bretagna. Molto si
può essere fatto senza modificare i trattati, ed è questo il modo migliore
per apportare cambiamenti per noi e per i nostri partner europei.
Westminster deve aprirsi e fare il suo lavoro. Qui in Gran Bretagna, il
Parlamento dovrebbe tenere in maggiore considerazione il Consiglio e le altre
istituzioni dell'UE, attraverso un deciso miglioramento sia in sede di esame
della legislazione europea, che nelle attività di comunicazione ai cittadini.
Grazie alla collaborazione con altri governi e parlamenti europei, si possono
raggiungere maggiore trasparenza e responsabilità e cittadini potrebbero essere
rassicurati circa il progresso democratico, in Europa come “in casa”. Ora, i
nostri parlamentari non dispongono degli strumenti e dei poteri necessari per
fare il loro lavoro correttamente, lasciando la responsabilità politica
all'esecutivo e agli “eurofobi”.
Non c'è uscita senza
dolore. La convinzione per cui – con l’uscita dall’Unione –
verrebbe meno il peso della normativa europea è sbagliata: qualsiasi paese al
di fuori del blocco e che desideri operare con l'UE – ad esempio la Norvegia -
deve rispettare tutte le normative commerciali, ambientali e sociali
dell’Unione. L'ipotesi secondo la quale per il Regno Unito andrebbe tutto liscio con un
semplice accordo di libero scambio con l'Ue (e che un tale accordo sarebbe a
costo zero) è sbagliata. Quali sarebbero le implicazioni per i milioni di
cittadini britannici che vivono nel resto dell'UE? Verrebbero probabilmente
meno diritti di assistenza sociale e sanitaria reciproca, nom ci sarebbe più
alcun diritto automatico di permanenza, nessuna libertà di studiare e viaggiare
in tutta l'UE e di costruirsi una casa di riposo al sole. Se la Gran Bretagna
non fosse una base - all'interno dell'UE – per i produttori e gli investitori,
sarebbero così tanti investitori internazionali a sentirsi sicuri di affollarsi
sulle nostre coste? Sarebbe davvero tutto uguale per l'87% per cento dei nostri
esportatori che commerciano con il resto dell'UE?
Quindi, i patrioti immaginano la Gran Bretagna in un’Europa riformata, mentre gli isolazionisti
vogliono uscirne. È una battaglia
tra ottimisti e pessimisti, tra il futuro e il passato. Tra la realtà e
la fantasia.
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