Tra gli sprechi annidati nella politica nostrana c'è anche
tutto quel sottobosco di assistenti e portaborse di cui amano circondarsi di
politici di casa nostra. Un sistema incontrollato, spesso inefficiente e molte
volte poco trasparente. All'emiciclo di Bruxelles, invece, come
funziona? A fare il punto è un interessante articolo di
Domenico Giovinazzo su EuNews.it.
"La figura del collaboratore parlamentare - spiega -
è prevista dallo Statuto del Parlamento europeo". È l’articolo 21
a sancire il diritto dei deputati europei ad essere assistiti da collaboratori
personali da loro liberamente scelti: il Parlamento europeo copre le spese
effettivamente sostenute per l’impiego degli assistenti.
"In Italia - si legge - la figura dell’assistente
parlamentare, semplicemente, non è formalmente riconosciuta. Tanto meno esiste una legge in materia, che pure aveva
ottenuto il sì della Camera nella passata legislatura, ma poi è morta al
Senato. Per questo l’Associazione italiana collaboratori parlamentari (Aicp),
con il suo presidente Riccardo Malavasi, chiede che “finalmente anche il
Parlamento italiano riconosca e definisca la figura” degli assistenti con
una normativa chiara, che si ispiri al modello europeo".
Ma come funzionano, più nel dettaglio, i due sistemi?
Con riferimento al numero degli
assistenti, a Bruxelles viene definito un numero massimo di assistenti per
ciascun deputato. "Questo vale - spiega Giovinazzo
- solo per i collaboratori che affiancano il deputato nelle sedi europee
(Strasburgo e Bruxelles), mentre non c’è limite per i collaboratori locali, che
operano nel collegio di provenienza del parlamentare. In Italia, sono due gli
assistenti che possono essere accreditati per l’accesso al Parlamento. Nessun
limite per i collaboratori sul territorio".
In Europa, il budget previsto per i compensi determina il
limite al numero di assistenti che un deputato può assumere. "Attualmente
ammonta a un massimo di 21.379 euro mensili, che sono vincolati alla effettiva
spesa relativa agli stipendi o ai compensi dei collaboratori accreditati e di
quelli sui territori. Viste le notevoli differenze nel costo del lavoro tra i
diversi stati membri, i deputati che pagano meno i loro assistenti se ne
possono permettere di più. In Italia, ogni deputato ha circa 4 mila euro
mensili di budget (3.600 i senatori), che però riguardano genericamente le
spese per l’attività politica, con l’obbligo di rendicontarne solo il 50% per
ottenere l’intera somma. Importo che, per altro, include tanto le spese per gli
assistenti quanto, ad esempio, quelle per l’affitto di un ufficio sul
territorio di provenienza".
Il Parlamento europeo
versa direttamente lo stipendio ai collaboratori accreditati, che stipulano il
contratto con l’Istituzione. Per gli assistenti sul territorio, il deputato
deve individuare un terzo erogatore, al quale il Parlamento
rimborserà le spese a fronte della presentazione di ricevute e fatture. In
nessun caso può essere il deputato a pagare il proprio assistente per ricevere
poi un rimborso. "Diametralmente opposta la situazione in Italia.
L’Istituzione assegna direttamente al parlamentare il budget previsto – anche
nel caso non si avvalga di alcun assistente, purché dimostri di spenderne
almeno la metà per l’attività politica – ed è questi a provvedere al pagamento
dei collaboratori. Una situazione che secondo Riccardo Malavasi,
presidente dell’Aicp (Associazione italiana collaboratori parlamentari) può
generare “distorsioni e irregolarità”.
Gli assistenti accreditati, dunque, sono contrattualizzati
direttamente dal Parlamento europeo, mentre quelli locali hanno contratti in
cui il parlamentare risulta come datore di lavoro, ma la gestione è affidata al
soggetto terzo erogatore, il quale deve garantire (e dimostrare), insieme con
il compenso, il pagamento degli oneri fiscali e di quelli previdenziali, oltre
a eventuali coperture assicurative per infortuni se previste dalla normativa
nazionale. In Italia c’è una “giungla di forme contrattuali”, secondo
il ricercatore Claudio Tancredi Palma, che in una conferenza stampa dell’Aicp
ha presentato uno studio – realizzato dall’Istituto di ricerche sulla Pubblica
amministrazione – dal quale emerge che molto spesso “le forme utilizzate non
assicurano garanzie previdenziali e assicurative”.
Leggi su EuNews.it: qui
Leggi su EuNews.it: qui
Nessun commento:
Posta un commento