Liliana Lilli Bilancia Blanco, omaggio a G. Verga Novelliere, Olio su tela |
"Fuori
della cava il cielo formicolava di stelle, e laggiù la lanterna fumava e girava
al pari di un arcolaio. Il grosso pilastro rosso, sventrato a colpi di zappa,
contorcevasi e si piegava in arco, come se avesse il mal di pancia, e dicesse ohi!
anch’esso.
Malpelo
andava sgomberando il terreno, e metteva al sicuro il piccone, il sacco vuoto
ed il fiasco del vino.
Il
padre, che gli voleva bene, poveretto, andava dicendogli: «Tirati in là» oppure
«Sta attento! Sta attento se cascano dall’alto dei sassolini o della rena
grossa, scappa!».
Tutt’a
un tratto, punf! Malpelo, che si era voltato a riporre i ferri nel corbello,
udì un tonfo sordo, come fa la rena traditora allorché fa pancia e si sventra tutta in una volta, ed il
lume si spense.
L’ingegnere
che dirigeva i lavori della cava si trovava a teatro quella sera, e non avrebbe
cambiato la sua poltrona con un trono, quando vennero a cercarlo per il babbo
di Malpelo, che aveva fatto la morte del sorcio. Tutte le femminucce di
Monserrato strillavano e si picchiavano il petto per annunziare la gran
disgrazia ch’era toccata a comare Santa, la sola, poveretta, che avesse la
terzana.
L’ingegnere,
quando gli ebbero detto il come e il quando, che la disgrazia era accaduta da
circa tre ore, e Misciu Bestia doveva già essere bell’e arrivato in Paradiso,
andò quasi per scarico di coscienza, con scale e corde, a fare il buco nella
rena.
Altro
che quaranta carra! Lo Sciancato disse che a sgomberare il sotterraneo ci
voleva almeno una settimana. Della rena ne era caduta una montagna, tutta fina
e ben bruciata dalla lava che si sarebbe impastata colle mani e dovea prendere
il doppio di calce. Ce n’era da riempire delle carra per delle settimane. Il
bell’affare di mastro Bestia! Nessuno badava al ragazzo che si graffiava la
faccia ed urlava, come una bestia davvero.
–
To’! – disse infine uno – è Malpelo! Di dove è saltato fuori, adesso? Se non
fosse stato Malpelo non se la sarebbe passata liscia... Malpelo non rispondeva
nulla, non piangeva nemmeno, scavava colle unghie colà, nella rena, dentro la
buca, sicché nessuno s’era accorto di lui; e quando si accostarono col lume gli
videro tal viso stravolto, e tali occhiacci invetrati, e la schiuma alla bocca
da far paura; le unghie gli si erano strappate e gli pendevano dalle mani tutte
in sangue. Poi quando vollero toglierlo di là fu un affare serio; non potendo
più graffiare, mordeva come un cane arrabbiato e dovettero afferrarlo pei
capelli, per tirarlo via a viva forza."
da
“Rosso Malpelo”, Giovanni Verga
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