Mentre in Italia ci si
scalda, tra gli altri, sul tema del lavoro, anche in Francia le polemiche in
merito non si risparmiano. Il dibattito è più che mai acceso e la sfida non
poco impegnativa. Semplificando, la posta in gioco è questa. Da una parte, c’è l’impresa
che chiede maggiore flessibilità e, dall’altra, il lavoro dipendente, che
chiede stabilità e certezze. In mezzo, un meccanismo ancora tutto da definire
allo studio dal governo di Françoise Hollande (questa sembra essere la
settimana cruciale per le trattative).
L’impresa
vorrebbe anzitutto poter avere, quando necessario, la libertà di spostare un dipendente in termini di
mansione e/o di sede, salvaguardando – come è ovvio – qualifica e livello
retributivo. Se il lavoratore rifiuta, scatta il licenziamento per “motivi
personali”, procedura più snella rispetto al licenziamento economico. Altro
scenario: il datore di lavoro procede a riduzioni salariali temporanee, in
grado di salvaguardare però le assunzioni (l’operazione, nel suo complesso,
deve però essere approvata da almeno il 50% dei dipendenti). Anche qui, il
lavoratore che si oppone può essere licenziato. Infine, le imprese vorrebbero
un ridotto potere di giudizio della magistratura sui temi più delicati (piani
di ristrutturazione, ricorsi ...).
I
sindacati – dal canto loro – chiedono un aumento dei contributi sui contratti
brevi o brevissimi. Il fine? Disincentivare l’utilizzo di forme contrattuali
responsabili della crescente precarizzazione degli ultimi anni (i contratti
inferiori al mese e, a volte, addirittura sotto la settimana sono aumentati
negli ultimi dieci anni dell’88%). Il sindacato, inoltre, chiede che le imprese
finanzino l’assistenza sanitaria complementare per tutti i lavoratori.
Voi
che ne pensate?
(Questo post trae ispirazione dall'ottimo articolo di Marco Moussanet
"Parigi cambia le regole sul lavoro", Il Sole 24 Ore, 8 gennaio 2013)
"Parigi cambia le regole sul lavoro", Il Sole 24 Ore, 8 gennaio 2013)
Nessun commento:
Posta un commento