mercoledì 23 gennaio 2013

In or Out



Prima David Cameron inizia con i complimenti. Sì, vero, l'Europa ha contribuito alla costruzione della pace dopo una guerra che «ha ricoperto le strade delle città Europe di macerie». Oggi - spiega - l'obiettivo centrale dell'Unione è cambiato: «non si tratta più si conquistare la pace, ma di assicurare la prosperità». Si giustifica («non sono un isolazionista») e giustifica i suoi connazionali («sono consapevole che - nella famiglia delle nazioni europee - il Regno Unito è percepito come il membro più polemico. La nostra geografia ha plasmato la nostra personalità: siamo un'isola, indipendente, esplicita e appassionata nella difesa della propria sovranità. Possiamo cambiare la sensibilità britannica quanto prosciugare il canale della Manica»). E, a chi descrive il regno Unito come un attore più proteso verso l'Atlantico che verso il Continente e impegnato soprattutto nello scacchiere del Commonwealth, risponde che «no, non siamo anti-europei». Dalle «legioni di Cesare alle guerre napoleoniche; dalla Riforma, all'Illuminismo, passando per la rivoluzione industriale, fino ad arrivare alla sconfitta del nazismo, abbiamo aiutato l'Europa a scrivere la sua storia e lei a scrivere la nostra» «Per noi l'Europa è uno strumento, per raggiungere stabilità, prosperità, è ancora di libertà e democrazia. Non è essa stessa un fine» 
E passa in rassegna i vizi di questa europa, dell'Unione come attualmente congegnata. Anzitutto, l'eccessiva complessità delle regole e l'altrettanto eccessiva regolamentazione. 
«Le persone vivono con crescente frustrazione il fatto che decisioni prese sempre più lontano da loro implichino che il loro tenore di vita venga impoverito dall'austerity o che le loro tasse siano usate per salvare governi dall'altra parte del continente»
E spiega l'Europa dei suoi sogni: competitiva («il mercato unico è ancora incompleto»), flessibile («l'Ue dovrebbe agire come una rete, non con l'ingombro di un monolite»), democratica («c'è bisogno di un ruolo più significativo per i parlamenti nazionali»).  
«Insomma, a quelli che dicono che non abbiamo una visione dell'Europa io rispondo che invece ce l'abbiamo».
Ma l'attacco arriva alla fine: «ci sarà un referendum in-outE' arrivato il momento per il popolo britannico di dire la sua». Ma invita alla prudenza, Cameron: «se lasceremo l'Unione, sarà un biglietto di sola andata, senza possibilità di ritorno. Abbiamo tempo per un dibattito ragionato, alla fine del quale saranno gli inglesi a decidere». Ma, nonostante tutto, lascia uno spiraglio aperto: «credo profondamente che l'interesse nazionale britannico sia meglio tutelato in un'Europa flessibile, adattabile e aperta. E che questa Europa sia migliore con la Gran Bretagna»



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