lunedì 19 novembre 2012

Incontri


Quando due Premi Nobel per la Pace si incontrano, non può che essere un bello spettacolo. E proprio un bello spettacolo – carico di speranze e di buoni significati – è andando in scena in queste ore in Birmania, dove una minuta e coraggiosa signora si è incontrata con un possente e determinato uomo di colore. Aung San Suu Kyi e Barack Obama. L’una, leader dell’opposizione birmana alla dittatura, per anni prigioniera, oggi parlamentare; l’altro, neo-rieletto presidente degli Stati Uniti.

Il luogo dell’incontro è più che mai simbolico, quella "casa sul lago" a Rangoon, prigione di Aung San Suu Kyi per ben quindici anni.

Barack Obama, ancora una volta, fa la storia: è il primo presidente americano a visitare il paese asiatico. Lo fa «per sostenere il cammino della Birmania verso la democrazia». E lo fa anche per lei: «un'icona della lotta per la democrazia, che ha ispirato tante persone e non solo nel suo paese: mi ci metto anch'io», spiega Obama alla folla di giornalisti e di comuni cittadini che li ascoltano.

Il paese, governato dai militari fino agli inizi del 2011, attraversa ora una delicata fase di transizione. Molte le riforme compiute, ma molta è anche la strada che resta ancora da percorrere. Aung San Suu Kyi è cauta: «ci attendono ancora anni difficili. In questo momento è importante non essere ingannati dal miraggio del successo».

Entrambi premi Nobel per la pace, dicevamo. Lei nel 1991, “ per la sua battaglia non  violenta per la democrazia e i diritti umani”, si legge nella motivazione ufficiale. Lui nel 2009, al termine del suo primo anno di presidenza, “per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e al cooperazioe tra i popoli”.

L’abbraccio finale tra i due è intenso, una di quelle immagini destinate a durare.

Perché sono le persone a fare la storia. 


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