venerdì 27 aprile 2012

Democrazia, media e potere nell’era della conoscenza



Il titolo è impegnativo, e non poco. «È un tema infinito – spiega Stefano Rodotà, intervenuto con una preziosissima lectio al Festival Internazionale del giornalismo di Perugia 2012. «Ma va trattato, sia pure per generalizzazioni – avverte, il Professore, giurista di fama internazionale – per capire, in fondo, quale è il futuro che ci sta davanti». Tanti, infatti, gli interrogativi. La democrazia è salvata o invasa dalla tecnologia? I nuovi media nutrono o uccidono la libertà?
Perché, sullo sfondo, c’è sempre l’idea della democrazia diretta, «quasi un mito fondativo che affonda le sue origini nella antica Grecia». È Atene, infatti, che – per quanto incompiuta (le donne e gli apolidi non erano previsti nell’agorà) – offre l’immagine, oltre che la prima sperimentazione, di quella democrazia in cui ciascuno può parlare, sentire e farsi sentire.
E oggi, esiste una piazza virtuale? Secondo Rodotà sì. E, aggiunge, «non è detto che sia in competizione con quella reale». Nel 1999, agli albori del movimento no-global, manifestanti provenienti da tutto il mondo si riunirono a Seattle, in occasione della conferenza della World Trade Organization. Dove si erano conosciuti, organizzati? Nella piazza della rete. Dove si ritrovavano? Nella piazza fisica della città statunitense. «È la prova che la vecchia piazza convive con quella nuova, come dimostrano – più recentemente – le Primavere Arabe».
E i media tradizionali? Continuano ad avere un loro peso, spiega il Professore. Sempre nel ’99 la notizia delle proteste venne diffusa dai media tradizionali. Ma anche il caso Wikileaks – grazie al quale i cittadini del mondo si sono appropriati degli arcana imperii – lo dimostra: «Assange non ha messo in rete i dati di cui disponeva, ma li ha forniti ai grandi giornali americani ed europei. Questo perché non c’è solo discontinuità, ma anche continuità tra le tecnologie di prima e quelle successive».
Il Festival Internazionale del Giornalismo
di Perugia 
Ma quella di Rodotà non è una visione (solo) romantica della rete e del web. Esitono punti oscuri, come, in primis,  la selezione del materiale e la verifica della notizia, resa più difficile nel mare magnum del web. «La stampa tradizionale era depositaria del controllo della notizia. Oggi prima arriva la notizia e poi c’è la verifica. Che non può non esserci». E poi, il controllo (sia quello pubblico, cioè di sicurezza, che quello privato, ossia di mercato), oggi reso possibile in una forma più che mai capillare. 

La prospettiva allora è forse quella di «un “Orwell ad Atene”, ad indicarci che la grande utopia della democrazia diretta e la distopia della sorveglianza globale, in qualche modo, già oggi convivono». 

martedì 24 aprile 2012

Il voto che preoccupa l’Europa


C’è preoccupazione, in Europa, per il voto francese della scorsa domenica. Ma a suscitare timori diffusi non è tanto lo scontro finale tra Sarkozy e Hollande, in programma per il prossimo 6 maggio. A spaventare è piuttosto il trionfo del Front National di Marine Le Pen, che, al primo turno, si è conquistata un sensazionale 17,9%, mai raggiunto prima, nemmeno dal padre (quando nel 2002 Jean Marie Le Pen travolse Jospin, aveva solo sfiorato il 17 per cento).
Secondo quanto riferisce Le Figarò, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha definito "preoccupante" il punteggio ottenuto dall’estrema destra. Come dire, l’energica bionda del FN non diventerà presidente, ma il partito da lei guidato si aggiudica comunque il terzo posto nella politica d’oltralpe. Rincara la dose, il Ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, che – ribadendo l'importanza della collaborazione franco-tedesca per il futuro dell'Europa – tira un sospiro di sollievo nel vedere al secondo turno due candidati "democratici", etichetta inapplicabile per l’euroscettica Le Pen.
Meno esplicite, ma ugualmente intimorite, le istituzioni dell’Ue, che – per voce di Olivier Bailly, spokesperson del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso – lanciano un appello ai leader europei, invitandoli a "non cedere alla deriva populista, ma a continuare ad avanzare lungo la strada dell’Europa della pace e della crescita”. Il tutto – è vero – a dispetto della crisi, rea di aver aggravato le disuguaglianze sociali e aver reso, così, il “terreno più che mai fertile per lo sviluppo del populismo politico”. E c’è chi – come il socialista Jean Asselborn, ministro degli Esteri del Lussemburgo – se la prende con Nicolas Sarkozy, che – con le sue critiche al sistema Schengen – sarebbe in parte responsabile del punteggio della candidata del FN, mentre secondo il danese Villy Sovndal, il risultato di Marine Le Pen si inserisce in un trend generale, che già da qualche tempo ha visto crescere in Danimarca, in Austria ed in Finlandia i movimenti di estrema destra.
E, in effetti, i timori sembrano essere fondati. Il FN, infatti, non esita a descrivere l’integrazione europea come un processo “contro i popoli d’Europa” e l’Euro come un novello Minotauro al quale sadici eurocrati offrono in pasto vittime greche.
Alla prossima puntata....

lunedì 23 aprile 2012

Libri



Oggi, 23 aprile, è una bella festa: la giornata mondiale del libro e del diritto d'autore, proclamata dall'Unesco per promuovere la lettura e l'editoria, ma anche la protezione della proprietà intellettuale attraverso il diritto d'autore. Un vero e proprio tributo ai libri e a chi li scrive, per incoraggiare tutti - e in particolare i giovani - a scoprire il piacere della lettura.

Grande attenzione, quest'anno, alla traduzione: nel 2012 infatti si celebra l'80°anniversario dell'Index Translationum, un database mondiale delle traduzioni gestito proprio dall'Unesco, eccezionale strumento per monitorare i contatti e gli scambi tra le culture.

E questo è un video ben fatto (probabilmente l'avete già visto, in occasione della giornata nazionale della lettura), ma mi piace riproprlo, per chi l'avesse perso. Trattasi dell'efficace pubblicità progresso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dedicata a quelle preziose finestre sul mondo chiamate libri.

venerdì 20 aprile 2012

Tra i due litiganti, l'Europa.


Peter Schrank -  Handelszeitung


A poche ore dal primo turno delle presidenziali francesi, facciamo il “toto-europeismo”. Che Europa vogliono i due leader in lizza per l’Eliseo? Quali cambiamenti auspicano e quali proposte avanzano?
Andiamo con ordine. Innanzitutto, partiamo da un dato di fatto: per riavvicinarsi al proprio elettorato, Sarkozy si è allontanato, e di molto, da Angela Merkel, con la quale nei, mesi scorsi, aveva vissuto una (apparentemente) solida entente cordiale. “Merkozy”, dunque, “è morto”. Già perché il presidente uscente ha affermato di voler congelare il contributo francese all'Unione europea, rincorrendo così Marine Le Pen, leader dell’estrema destra, la prima a voler ridurre la somma francese versata a Bruxelles. E soprattutto, Sarkozy sarebbe anche persuaso della necessità di riscrivere lo statuto della Banca centrale europea (BCE) rendendola sempre più simile alla Federal Reserve. E cioè, riconoscendole il ruolo di prestatore di ultima istanza. Irritata la reazione di Berlino, da sempre contraria a cambiamenti di pelle dell’istituzione di Francoforte. Il governo tedesco è, infatti, «profondamente convinto che la Bce debba esercitare il suo mandato in modo totalmente indipendente dalla politica».
Dal canto suo, il candidato socialista Francois Hollande lancia un appello alla Eurotower, chiedendo di tagliare i tassi di interesse al fine di favorire la crescita in Europa.
Ai microfoni di radio Europe 1, Hollande ha precisato che ''ci sono due modi per rilanciare la crescita: o la Banca centrale europea abbassa i tassi di interesse, oppure concede prestiti direttamente agli Stati membri''.

A quanto pare, dunque, l’austerity promossa dall’Ue negli ultimi mesi non convince nessuno. E gli slogan “pro crescita”, ca va sans dire, restano sempre quelli vincenti in campagna elettorale. Ma, al netto delle ricette anti-crisi, a fare la differenza tra i due sfidanti è la concezione stessa dell’Unione: «Sarkozy è per un’Europa intergovernativa, che risponda alle decisioni di Parigi e che non accetti il metodo comunitario con un ruolo centrale della Commissione e del Parlamento europeo – spiega a Lettera43.it François Lafond, analista politico francese e già consulente di ministeri e think-tank– mentre Hollande ha un’idea di Europa molto più federalista, orientata verso un futuro comune. Ma deve convincere una parte della sua maggioranza assai più critica su questo punto». Quel che è certo è che il voto francese è destinato ad influire sui rapporti di potere dell’intero Vecchio Continente. Intanto, secondo l’ultimo sondaggio di questa mattina, Hollande è in testa di quattro punti percentuali rispetto al presidente uscente. 

mercoledì 18 aprile 2012

Agende



Dalle prime pagine di oggi, perfetta fotografia di un paese stretto tra l'emergenza della crisi e il ciclone dell'antipolitica.

giovedì 5 aprile 2012

Se telefonando



Ero a Londra, nell’agosto 2011, quando la furia distruttrice si scatenava sui quartieri periferici della capitale britannica. London’s burning”, cantavano i Clash negli anni ’70. E Londra – la scorsa estate – si è infuocata davvero. Quattro giorni di totale anarchia. Totthenam, Hoxton, Islington: tante le zone della metropoli teatro degli scontri. Ma tutta la città ha sofferto, percependo chiaramente quanto stava avvenendo («Oggi chiudiamo prima», mi ha spiegato scura in volto una cameriera nella centralissima Regent Street, dove un improvvisato coprifuoco sembrava l’unica difesa alla minaccia dei manifestanti di invadere il cuore pulsante – e turistico – di Londra). Massiccia la mobilitazione delle forze dell'ordine, ovunque annunciate da sirene di ogni tipo.
Protagonisti di quei giorni, oltre ai giovani (sneakers e felpa con cappuccio di ordinanza) e a David Cameron – rientrato di gran fretta dalle vacanze in Toscana per gestire l’emergenza – sono stati i telefonini. Sì, proprio i cellulari, è soprattutto i sistemi di messaggistica istantanea (un esempio su tutti il Blackberry Messenger service), rei di aver reso possibile una capillare organizzazione dei tumulti. 
È di questi giorni la notizia delle nuove misure legislative messe in cantiere dal governo britannico che renderanno più facili i controlli sulle comunicazioni elettroniche e telefoniche. La Gchq (Government Communications Headquarters) – l’agenzia inglese di spionaggio elettronico – potrà richiedere alle aziende della telcomunicazione e del web informazioni in tempo reale su quantità, durata e destinatari degli scambi – e-mail, telefonate e messaggi – mentre per accedere ai contenuti sarà necessaria la richiesta del giudice.
La proposta di oggi fa il paio con quella – suggerita da Downing Street nelle ore immediatamente successive ai riots – di bandire dalla rete dei social media (Facebook e Twitter in primis) le persone sospettate di incitare alla violenza o di pianificare azioni rivoltose. Durante i disordini di agosto, alcuni utenti di Twitter, ad esempio, sono stati accusati di aver di aver incoraggiato gli atti vandalici a Totthhenam, mentre altri – attraverso il web – davano istruzioni e suggerimenti per estendere la protesta alle zone della capitale ancora immuni.
Tutto ciò è necessario per combattere terrorismo e crimine? Forse. Ma di certo simili proposte sollevano numerosi problemi. E non di poco conto. Chi stabilisce se un dato contenuto è pericoloso? Chi decide quando un messaggio o un post è da eliminare? Quali sono i confini tra il lecito e l’illecito? Questi gli interrogativi più frequenti e molte delle associazioni della società civile si stanno già mobilitando, inducendo nel governo – riporta il The Guardian di ieri – alcuni tentennamenti. 
Già, perché il problema è quello di non sacrificare – in nome della sicurezza – quella freedom of speech che è a fondamento della cultura anglosassone e, con essa, quei diritti civili che proprio la Gran Bretagna, per prima, ha insegnato al resto del mondo. 

Il messaggio della BlackBerry Uk in occasione dei disordini di Londra

domenica 1 aprile 2012

Enjoy your meal



Quattro coppie chiacchierano amabilmente al tavolo di in un ristorante. Niente di strano, se non fosse per la presenza del Presidente degli Stati Uniti Obama e della First Lady, Michelle. La coppia presidenziale ha, infatti, trascorso una serata con i vincitrici del concorso "Dinner with Barack". E così - tra una steak e un'insalata - si è parlato di riforma sanitaria, di famiglia, di grassroots people e di democrazia.