giovedì 28 novembre 2013

Happy Thanksgiving



Mentre in Italia si discute di graziare il decaduto Berlusconi, un ben più significativo atto di clemenza avviene negli Stati Uniti: quello di Barack Obama nei confronti di due tacchini, nel giorno del Thanksgiving, che - per citare Mr President - "in genere è un brutto giorno per essere un tacchino". 

mercoledì 27 novembre 2013

Tubetiquette



Un corto di animazione per ricordare le buone maniere da osservare quando si prendono i mezzi di trasporto pubblici. Commissionato dall'azienda londinese del trasporto nell'ambito della campagna "Travel Better London", il filmato è illustrato dall'artista McBess (il suo sito è fantastico!) e la voce narrante è di Simon Callow attore, scrittore e regista teatrale.
Un gioiellino.

lunedì 25 novembre 2013

La rivincita di lady Ashton

Al centro, Catherine Ashton

Quando nel 2009 prese il posto di guida della diplomazia dell'Unione europea, Catherine Ashton fu accolta, in primis nel Regno Unito, con un misto di velata ironia e aperta derisione. Oggi, invece, le prime pagine dei giornali di tutto il mondo riportano la notizia dell'accordo sul nucleare iraniano e, con essa, il nome della Ashton che a quanto pare avrebbe avuto un ruolo centrale nella gestione dei negoziati. 
Dall'ombra al centro della scena, dunque, come ci spiega l'articolo del The Guardian

"Lady chi?", commentavano molti degli ambienti diplomatici europei quattro anni or sono, mentre a Londra, la reazione prevalente era: "La Gran Bretagna non vuole una politica estera europea e lei non la farà nascere. So, fine". Unica voce fuori dal coro quella di un funzionario europeo che avrebbe svolto un ruolo centrale nel corpo diplomatico della baronessa inglese: "In quattro anni, la Ashton diventerà una figura di primo piano". Profezia, questa, che sembra almeno in parte avverarsi. 
Senza entrare nel merito degli accordi siglati ieri, domenica 24 novembre, a Ginevra (qui un'ottima sinossi offerta dalla cnn), quel che è certo è che si tratta di una delle più grandi operazioni di "distensione nucleare" degli ultimi tempi. 
Il tema, infatti, è il suo: prima di diventare Alto rappresentante per la sicurezza e la politica 
estera dell'Ue, la Ashton ha lavorato, dal 1977 al 1983, per la Campagna per il Disarmo nucleare (Campaign for nuclear Disarmament, CND). 

La parziale (ma significativa) decelerazione della questione nucleare iraniana è senza dubbio la conseguenza del cambiamento di regime avvenuto nel paese mediorientale questa estate, che ha portato al potere il presidente Rohani, ma anche della volontà dell'amministrazione Obama di procedere verso reali negoziati con l'Iran, per la prima volta da una generazione a questa parte. 

Ma fondamentale è stato anche il contributo della Aston che, spiega il Guardian, negli ultimi anni ha portato avanti con tenacia i colloqui che, pur intermittenti, hanno permesso la prosecuzione di tavoli molto complessi, fatti di capacità di mediazione e di indirizzo. Ed è così che domenica, la schiva Catherine si è trovata nella per lei inusuale posizione di chi riceve complimenti.   


"Vorrei congratularmi in particolare con Catherine Ashton per il suo lavoro che è il risultato del suo infaticabile impegno aul tema nel corso degli ultimi anni", ha commentato il Presidente della Commissione europea Barroso
Sulla stessa linea Herman Van Rompuy, Presidente del consiglio europeo: "Mi complimento con la Ashton per il suo ruolo cruciale - come negoziatore e come co-presidente dei tavoli negoziali. Il suo impegno e la sua perseveranza sono stati i fattori chiave nel raggiungimento di questo primo accordo". 
John kerry abbraccia la Ashton
Quanto a John Kerry, US secretary of state, all'abbraccio riservato alla Ashton ha aggiunto commenti più che benevoli sulla sua caparbietà. 
I mandati di Van Rompuy e Ashton iniziarono allo stesso momento, come conseguenza del Trattato si Lisbona, che istituzionalizzava le figure del Presidente del Consiglio europeo e dell'Alto rappresentante per la politica estera. 
Entrambi erano considerate figure opache, burocrati poco adusi a ruoli di leadership e poco propensi a lavorare per una visione strategica e per una costruzione politica. Perfetti, insomma per un'Europa low profile, voluta dalla maggior parte dei leader del vecchio continente, che evitavano accuratamente  figure carismatiche alla Tony Blair alla David Miliband o quei influenti personaggi della politica tedesca e francese, in grado di dettare l'agenda politica. Optarono dunque per due efficienti ed efficaci mediatori, in grado di coordinare anime e forze diverse. 
Nel corso degli anni però le cose cambiano e ieri la Ashton si è tolta qualche soddisfazione. 

mercoledì 20 novembre 2013

Can you hear me?



Ieri ho pubblicato l'allarme lanciato dai geologi sardi, che non più di due mesi fa segnalavano l'elevato rischio cui sono esposti i comuni dell'isola. Oggi è la volta del consiglio nazionale dei geologi che pubblica sul proprio sito un comunicato. Il titolo è più che eloquente: "Dalle parole ai fatti, nel 2013 non si può morire così".
Eccolo:



"Negli ultimi 60 anni gli eventi naturali a carattere disastroso sono stati ben 3.362 e sono collegabili principalmente a fenomeni come improvvise inondazioni, frane di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, colate di fango e detriti. 
Con l’arrivo delle nuove piogge, al manifestarsi di nuove alluvioni ci si ritrova a ribadire stessi concetti, ad inseguire emergenze, a far la conta di danni e vittime. 
Il territorio è la più grande infrastruttura, la sua salvaguardia non può più aspettare, non è possibile prescindere dall’attuazione di misure rigide e ragionate finalizzate a garantire ad ampio raggio adeguati interventi nell’ottica di un concreto cambio di rotta. Solo quando la cultura della emergenza sarà radicalmente sostituita da quella della prevenzione potremo ritenerci soddisfatti. L’abusivismo e l’illegalità sono stati tra le cause principali dello scempio del nostro territorio, con i conseguenti conteggi di danni, distruzioni e lutti.
Proprio 50 anni orsono, il 3 febbraio 1963, lo Stato italiano definì, attraverso la Legge n. 112, i criteri per esercitare la professione di geologo. Al geologo venne attribuito per la prima volta un corpus sistematico di conoscenze ed un profilo professionale specifico e soprattutto esclusivo, che a partire da quella data sono stati riconosciuti dall’ordinamento giuridico del nostro Paese.

È da allora che i geologi lanciano continui allarmi inascoltati. Vogliamo ripercorrere    questi 50 anni riproponendo gli interventi fatti a salvaguardia di un’Italia troppe volte  flagellata dal susseguirsi di eventi distruttivi, talvolta impudicamente definiti disastri naturali". 

E snocciolano una serie di dichiarazioni alla stampa rilasciate nel corso degli anni, a testimonianza della loro costante attenzione alle condizioni del nostro paesaggio.  "La Penisola è in pericolo. Non è uno slogan pubblicitario, è una realtà - scrivevano niente meno che nel 1971 - non siamo qui per fare delle polemiche sterili. Vogliamo solo ribadire la necessità di interventi organici, chiedere ai responsabili della cosa pubblica di adottare i provvedimenti e di creare gli strumenti legislativi idonei. L’appello di oggi diventerà l’atto di accusa di domani. Atto di accusa contro chi poteva provvedere e non ha provveduto. Siate sicuri che sarà un’accusa pesante. Pesante per le sciagure che sicuramente affliggeranno il nostro Paese e che, facili cassandre, possiamo già fin da ora prevedere”.

Da un'inchiesta del Consiglio dei Geologi condotta nel 1975 risultava già allora come 
la pianificazione territoriale fosse la cenerentola delle politiche pubbliche, trascurata da leggi urbanistiche succedutesi nel tempo ed in grado solo di approvare piani di fabbricazione e piani regolatori del tutto ciechi rispetto alle specifiche realtà territoriali. 

E nel 1987 - in occasione della presentazione del libro bianco "Territorio-Ambiente" - i geologi parlavano di "una inquietante serie di inadempienze di Stato e Regioni di fronte ai rischi che si corrono in diverse zone. È difficile capire come le Regioni riescano ad organizzare e pianificare l’uso del territorio, visto che non hanno provveduto, nel 50 per cento dei casi, a rendere obbligatorie le indagini geologiche preventive ai piani urbanistici". 




martedì 19 novembre 2013

Stato d'emergenza




"In Sardegna 306 comuni (l'81% del totale) possiedono porzioni del proprio territorio ad elevato rischio idrogeologicoUn dato questo che ci ricorda che l’attuazione di scrupolose politiche di difesa del suolo e delle opere di mitigazione, deve divenire prioritaria e supportata da risorse economiche certe, sulle quali basare una adeguata pianificazione e programmazione".
A parlare, neanche due mesi fa, è Davide Boneddu, Presidente del Consiglio dell'ordine dei Geologi della Sardegna. In quell'occasione il neo insediato Consiglio rinnovava l'impegno di 600 geologi sardi ad affrontare quotidianamente le  tematiche connesse alla pianificazione del territorio, al suo assetto idrogeologico, alla sicurezza di edifici ed infrastrutture e allo sviluppo ed alla ricerca di energie rinnovabili.  
"In una fase di profonda crisi - aggiunge Boneddu - se gli interventi di prevenzione e monitoraggio sul territorio prevalessero su quelli d’emergenza, si genererebbe un enorme volano per la ripresa economica, oltre che una valida politica di riconversione del nostro tessuto  industriale.
"Non dimentichiamoci che talvolta i fenomeni di dissesto sono conseguenza, o comunque vengono intensificati,  dalla mancata manutenzione dei corsi d'acqua, delle cunette stradali; dall’assenza di monitoraggio dello stato delle opere di difesa del suolo già realizzate sui versanti o più semplicemente dalla verifica di ispezione dei canali tombati all'interno dell'edificato". 
I Geologi sardi” conclude Boneddu “sono e saranno un costante riferimento per Società civile, Amministrazioni ed Enti Locali al fine di produrre  un fattivo e costruttivo supporto nell’affrontare le tematiche inerenti la prevenzione dei rischi, anche in supporto alla Protezione Civile Regionale, la sicurezza dei cittadini e la tutela dell’ambiente”.
Loro l'hanno segnalato e si sono messi al servizio del bene comune.
Qualcuno, però, non li ha ascoltati. 
Proclamato lo stato d'emergenza. Ma è l'Italia ad essere Stato d'emergenza. 




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venerdì 15 novembre 2013

Vino, mozzarella e dignità

Carlo Hermann/Agence France-Presse — Getty Images

Poster sulle vetrine dei negozi, fotografie alle finestre, bandiere a stelle a strisce appese ai balconi. Di questo e di molto altro ancora parla un articolo pubblicato oggi dal New York Times, che racconta di come Sant'Agata de' Goti - provincia di Benevento - sia ancora in piena sbornia post-elettorale, dopo aver visto Bill de Blasio, discendente di una delle sue famiglie, diventare sindaco niente meno che della Grande Mela.   
Amore, quello della cittadina verso il neo sindaco newyorkese, più che ricambiato: "L'Italia - si legge nell'articolo - ha influenzato la vita di de Blasio, rappresentando un'identità cui fare riferimento nei momenti più difficili". Il padre, infatti, è affetto da alcolismo e prima abbandona la famiglia, poi si toglie la vita. I parenti italiani, da parte di madre, diventano allora sempre più importanti per il giovane Bill, che darà due nomi italianissimi - Chiara e Dante - ai suoi figli e non mancherà di visitare il luogo delle sue origini. Dodici le visite al paese dei nonni, l'ultima - con  famiglia al seguito - nel 2010.  
"Il nonno, Giovanni, faceva parte di un'influente famiglia, proprietaria di un palazzo di due piani lungo la via principale. Nel 1905 lasciò l'Italia per l'America, dedicandosi al commercio di carne. Tenne sempre vivi i legami con le proprie origini, inviando al fratello prete vestiti e cioccolato da distribuire ai compaesani.  Nel 1953, durante una visita, portò con se il primo televisore della cittadina, invitando per l'occasione tutto il vicinato".
E il successo di de Blasio è un po' il successo di tutti, a Sant'Agata. 
"La sua vittoria è un riscatto per l'intero villaggio - spiega al NYT Domencio Lingelli, 33 anni, proprietario della gelateria dove Bill ha assaggiato la specialità della casa, il gelato alla crema con amarene e cioccolato. "E' la dimostrazione che le grandi menti vengono anche da questo piccolo villaggio". 
Dello stesso avviso, il sindaco Carmine Valentino: "de Blasio ha reso l'American Dream realtà, senza dimenticare le proprie radici. Rappresenta una speranza per tutti noi". 
Già perché ancora oggi è forte la valenza simbolica di un uomo "dal sangue italiano" che si afferma oltreoceano, terza generazione di quell'immigrazione italiana che ha visto proprio negli States una delle mete più ambite. 
E l'articolo ci racconta che "the Mayor" è solito rifornirsi regolarmente di mozzarella e di vino rosso italiano, mentre continua a lavorare - assieme al suo barbiere - sul proprio italiano. Tutti segnali di una forte volontà di mantenere vive le radici italiane, molto più che mero folklore.
"Nella famiglia di mia madre - spiega lo stesso de Blasio - trovavo una forza, un calore e una coerenza che rappresentavano una sorta di antidoto per le difficoltà che stavo sperimentando nella mia vita". 
Già perché, a forza di parlare di spread e di malaffare, ci stiamo forse scordando di quella cifra tutta italiana fatta di forza, coraggio e dignità, raccontata dalla storia della famiglia de Blasio e di tante altre ancora. 

mercoledì 13 novembre 2013

Giovani, europei e solidali

Il Il video realizzato nel corso dello scambio interculturale


In un momento difficile per il processo di integrazione europea, schiacciato tra le difficoltà della crisi e gli errori nel gestirla, fa bene ricordarsi che l’Europa unita non è solo finanza e burocrazia, ma anche e soprattutto una miniera di opportunità. Come ci racconta Francesca Spatola, 30 anni, giornalista, che ha partecipato ad un progetto di scambio in Lettonia.



Come ti è venuta l’idea di partecipare a un progetto di scambio in Lettonia?
A settembre, dopo aver lavorato 9 mesi all’Ufficio d’Informazione del Parlamento europeo, ero alla ricerca di nuove esperienze formative e volevo provare con il volontariato all’estero. Mi sono ricordata del programma europeo Youth in Action, che promuove scambi interculturali tra Paesi europei e quelli prossimi all’adesione.
Guardando le varie offerte sul sito scambieuropei.it ho notato subito un progetto lanciato da una Ong Lettone dal nome “Patverums – Drosa Maja” della durata di dieci giorni sui problemi e le realtà del traffico di esseri umani. Avendo una passione per il diritto, essendo laureata in legge, mi sembrava interessante approfondire l’argomento.

Come sei stata selezionata?
Ho inviato subito il mio curriculum considerato che erano ancora aperte le selezioni. Dopo poco mi è arrivata la risposta, mi avevano preso.

Sensazioni prima della partenza?
Ero molto emozionata, non ero mai stata in Lettonia e il progetto prevedeva la partecipazione di altri 5 Paesi europei: Italia, Portogallo, Romania, Cipro e Crozia. Ho pensato che fosse un’opportunità per conoscere persone diverse e per farmi un’idea della situazione socio-economica dei loro Paesi di provenienza.

In cosa consisteva il progetto, cosa hai fatto in quei dieci giorni?
Per dieci giorni abbiamo fatto ricerche, progetti e presentazioni, studiando e analizzando il problema del traffico degli esseri umani in tutte le sue forme, sia a livello locale e sia a livello europeo. Studiare e organizzarci insieme per le presentazioni, due ogni giorno, è stato incredibile. Nonostante i diversi background culturali, le età diverse (andavano dai 16 ai 33 anni) eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, ci ascoltavamo a vicenda e le idee degli altri servivano a intensificare e a migliorare quelle altrui. Come una palla di neve che rotola giù da una montagna, diventa sempre più grande, perché raccoglie altra neve lungo il tragitto.
In un breve tempo abbiamo sviluppato un sentimento di fratellanza e sorellanza, si dormiva i, si mangiava e si giocava anche insieme. Il programma era fatto di lavoro di gruppo, pause caffè e simpatiche interruzioni per respirare l’aria aperta del freddo vento lettone.

Qual’era il compito della Ong?
L’Ong ci formava, riusciva a coordinarci dandoci delle regole di convivenza che se non erano rispettate, si doveva aiutare a fare piccoli lavoretti di pulizia.  I volontari e i responsabili della Ong sono stati degli insegnanti fantastici, non solo riuscivano con un metodo di lezione attiva ad interessarci, ma hanno sempre mantenuto alto l’umore del gruppo, riuscendo sempre a redimere i pochi e brevi dissidi che venivano da una convivenza con 30 persone.

Esattamente la Ong di cosa si occupa?
La Ong si occupa sia della tutela legale delle vittime di tratta, sia del loro recupero. E’ un lavoro molto difficile perché la maggior parte dei casi non sono denunciati. Inoltre, sviluppa seminari d’informazione sulla tratta, per bambini e adulti. La sua pianificazione è molto ampia, il 18 ottobre ad esempio era la giornata europea contro la tratta degli esseri umani e per tutto un mese sono stati organizzati dibattiti, conferenze e il lancio di una campagna d’informazione.

Quale progetto ti ha entusiasmato di più?
In previsione del lancio della campagna d’informazione, durante la nostra permanenza abbiamo creato e realizzato l’idea di uno spot-pubblicità progresso per informare le persone del problema. Ci siamo divisi in due gruppi e abbiamo in sole sei ore pensato a due idee diverse. Un lavoro che di solito richiede almeno 1 mese, siamo riusciti a realizzarlo in poche ore, questo lascia intendere quanto il gruppo fosse sinergico e quanto si lavora bene in un ambiente internazionale.

Qual è stata l’idea del tuo gruppo?
A seguito della formazione ricevuta nella prima settimana, il primo pensiero che ci è venuto in mente è stato il fatto che la vittima di tratta è scambiata come una merce, non è più umana, diventa un oggetto. Dopo un paio d’idee scartate, abbiamo pensato che il modo migliore era rappresentare il momento della vendita e mostrare delle scatole molto grandi che si scambiano due trafficanti. Il compratore apre la scatola, da cui esce il viso livido di una ragazza. Sul davanti c’è una scritta che dice: “Nome prodotto Schiavo, Made in Moldavia”. L’altro gruppo ha invece approfondito il momento della perdita dei diritti di una ragazza e della violenza sulla stessa, un video altrettanto interessante e soprattutto molto commuovente.
Questi due video la stessa sera sono stati messi online e hanno iniziato a girare su internet. Pochi giorni fa sono stati utilizzati per il lancio della campagna di informazione in Lettonia.
E’ grazie a questi programmi che noi europei riusciamo a conoscersi e a creare nuove intese.
Questa è l’Europa che voglio, questa è l’Europa del futuro.


Per maggiori informazioni:
Il sito dell'associazione,
la pagina Facebook 

venerdì 8 novembre 2013

Finche c'è pubblicità c'è speranza


Lego e i concetti del fare squadra, dell'immaginazione e del costruire.
"Because the things we build togheter live forever"....

John Lewis - che non per nulla è la mia catena inglese preferita - ci fa pregustare un Natale di poesia.

Sbaglio o la pubblicità è una delle poche cose buone che ci sono rimaste?