mercoledì 13 novembre 2013

Giovani, europei e solidali

Il Il video realizzato nel corso dello scambio interculturale


In un momento difficile per il processo di integrazione europea, schiacciato tra le difficoltà della crisi e gli errori nel gestirla, fa bene ricordarsi che l’Europa unita non è solo finanza e burocrazia, ma anche e soprattutto una miniera di opportunità. Come ci racconta Francesca Spatola, 30 anni, giornalista, che ha partecipato ad un progetto di scambio in Lettonia.



Come ti è venuta l’idea di partecipare a un progetto di scambio in Lettonia?
A settembre, dopo aver lavorato 9 mesi all’Ufficio d’Informazione del Parlamento europeo, ero alla ricerca di nuove esperienze formative e volevo provare con il volontariato all’estero. Mi sono ricordata del programma europeo Youth in Action, che promuove scambi interculturali tra Paesi europei e quelli prossimi all’adesione.
Guardando le varie offerte sul sito scambieuropei.it ho notato subito un progetto lanciato da una Ong Lettone dal nome “Patverums – Drosa Maja” della durata di dieci giorni sui problemi e le realtà del traffico di esseri umani. Avendo una passione per il diritto, essendo laureata in legge, mi sembrava interessante approfondire l’argomento.

Come sei stata selezionata?
Ho inviato subito il mio curriculum considerato che erano ancora aperte le selezioni. Dopo poco mi è arrivata la risposta, mi avevano preso.

Sensazioni prima della partenza?
Ero molto emozionata, non ero mai stata in Lettonia e il progetto prevedeva la partecipazione di altri 5 Paesi europei: Italia, Portogallo, Romania, Cipro e Crozia. Ho pensato che fosse un’opportunità per conoscere persone diverse e per farmi un’idea della situazione socio-economica dei loro Paesi di provenienza.

In cosa consisteva il progetto, cosa hai fatto in quei dieci giorni?
Per dieci giorni abbiamo fatto ricerche, progetti e presentazioni, studiando e analizzando il problema del traffico degli esseri umani in tutte le sue forme, sia a livello locale e sia a livello europeo. Studiare e organizzarci insieme per le presentazioni, due ogni giorno, è stato incredibile. Nonostante i diversi background culturali, le età diverse (andavano dai 16 ai 33 anni) eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, ci ascoltavamo a vicenda e le idee degli altri servivano a intensificare e a migliorare quelle altrui. Come una palla di neve che rotola giù da una montagna, diventa sempre più grande, perché raccoglie altra neve lungo il tragitto.
In un breve tempo abbiamo sviluppato un sentimento di fratellanza e sorellanza, si dormiva i, si mangiava e si giocava anche insieme. Il programma era fatto di lavoro di gruppo, pause caffè e simpatiche interruzioni per respirare l’aria aperta del freddo vento lettone.

Qual’era il compito della Ong?
L’Ong ci formava, riusciva a coordinarci dandoci delle regole di convivenza che se non erano rispettate, si doveva aiutare a fare piccoli lavoretti di pulizia.  I volontari e i responsabili della Ong sono stati degli insegnanti fantastici, non solo riuscivano con un metodo di lezione attiva ad interessarci, ma hanno sempre mantenuto alto l’umore del gruppo, riuscendo sempre a redimere i pochi e brevi dissidi che venivano da una convivenza con 30 persone.

Esattamente la Ong di cosa si occupa?
La Ong si occupa sia della tutela legale delle vittime di tratta, sia del loro recupero. E’ un lavoro molto difficile perché la maggior parte dei casi non sono denunciati. Inoltre, sviluppa seminari d’informazione sulla tratta, per bambini e adulti. La sua pianificazione è molto ampia, il 18 ottobre ad esempio era la giornata europea contro la tratta degli esseri umani e per tutto un mese sono stati organizzati dibattiti, conferenze e il lancio di una campagna d’informazione.

Quale progetto ti ha entusiasmato di più?
In previsione del lancio della campagna d’informazione, durante la nostra permanenza abbiamo creato e realizzato l’idea di uno spot-pubblicità progresso per informare le persone del problema. Ci siamo divisi in due gruppi e abbiamo in sole sei ore pensato a due idee diverse. Un lavoro che di solito richiede almeno 1 mese, siamo riusciti a realizzarlo in poche ore, questo lascia intendere quanto il gruppo fosse sinergico e quanto si lavora bene in un ambiente internazionale.

Qual è stata l’idea del tuo gruppo?
A seguito della formazione ricevuta nella prima settimana, il primo pensiero che ci è venuto in mente è stato il fatto che la vittima di tratta è scambiata come una merce, non è più umana, diventa un oggetto. Dopo un paio d’idee scartate, abbiamo pensato che il modo migliore era rappresentare il momento della vendita e mostrare delle scatole molto grandi che si scambiano due trafficanti. Il compratore apre la scatola, da cui esce il viso livido di una ragazza. Sul davanti c’è una scritta che dice: “Nome prodotto Schiavo, Made in Moldavia”. L’altro gruppo ha invece approfondito il momento della perdita dei diritti di una ragazza e della violenza sulla stessa, un video altrettanto interessante e soprattutto molto commuovente.
Questi due video la stessa sera sono stati messi online e hanno iniziato a girare su internet. Pochi giorni fa sono stati utilizzati per il lancio della campagna di informazione in Lettonia.
E’ grazie a questi programmi che noi europei riusciamo a conoscersi e a creare nuove intese.
Questa è l’Europa che voglio, questa è l’Europa del futuro.


Per maggiori informazioni:
Il sito dell'associazione,
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