Come gli schizzi a matita di Aldo Gay, unico documento visivo del rastrellamento nazifascista avvenuto nel Ghetto di Roma il 16 ottobre 1943.
Un giovane romano come tanti altri, Aldo, con la passione per la boxe e per il disegno.
Che qualcosa di tragico, di disgraziato stesse avvenendo, lo capì già nel 1938 quando - a leggi razziali promulgate - gli fu proibito, perché ebreo, di entrare nella palestra dove era solito allenarsi.
Da quel giorno inizia a fermare nel suo blocco istantanee che parlano di discriminazione, di violenza.
Di disumanità.
Sono forti le immagini di Aldo Gay.
Forse perché vanno dirette al cuore, senza aver bisogno, come avviene per le parole, di essere mediate, filtrate dalla ragione. O forse perché osservandole ci sembra anche a noi di essere lì - smarriti ed impauriti - in mezzo a quegli eventi, tragici e miseri al tempo stesso.
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RispondiEliminaDavvero bello, Diletta, questo tuo post.... Dolce e non retorico... Solo una donna poteva metterlo... P.S. Nel commento precedente avevo sbagliato a scrivere...
RispondiEliminaGrazie Giuseppe, mi fa davvero piacere tu abbia apprezzato.
RispondiEliminaQuesti designi sono di grande impatto...