domenica 11 gennaio 2015

Il delizioso Paddington, comico e profondo.

Mi piace scrivere di cinema. Soprattutto quando, nel buio un po' magico della sala, l'esperienza film sa regalare qualche emozione. Stavolta si tratta di - udite udite! - un lavoro d'animazione, perché, mai dimenticarlo, fa bene, eccome, tornare un po' bambini!
Un giovane orsetto allevato dagli zii nella natura del "misterioso Perù" è incuriosito da Londra, la città di origine di un esploratore, arrivato nella giungla peruviana qualche decennio prima. Tanto incuriosito che decide di partire, dopo che un terremoto ha distrutto la sua tana e ha ucciso lo zio Pastuzo. Entra come clandestino, l'orsetto illegale, nascosto nella scialuppa di una nave porta container, con la sua scorta di marmellata e di speranze. Sbarca in una città dapprima ostile e caotica, che sembra non offrire accoglienza. A nulla può, apparentemente, nemmeno il biglietto appesogli al collo dalla zia Lucy: "Per favore, prendetevi cura di questo orso". Fino a che, nella stazione di Paddington, passa per caso la famiglia Brown che, per caso, si accorge di lui. O meglio, ad accorgersene è l'empatica e sognante sig.ra Brown, insieme a suo figlio Jonathan. Mentre il sig. Brown e Judy, la figlia femmina, sono più recalcitranti e imbarazzati, decisi a non farsi coinvolgere dalla storia di questo strano orso senza tetto. Con loro trova un nome (Paddington!), una casa e un aiuto per andare alla ricerca dell'esploratore di un tempo. Ed è così che inizia una strana convivenza, con Paddington che deve abituarsi alla vita cittadina e a non combinare troppi guai domestici. Una convivenza che - giorno dopo giorno - diventa più calda, più armonica. Per il benessere di tutti.
Ma come ogni storia che si rispetti, non può mancare il cattivo, anzi la cattiva: una tassidermista del museo di Storia Naturale, decisa ad impagliare Paddington e a rivendicare la scoperta di suo padre, oramai morto, l'esploratore che si era spinto fino al lontano Perù, ma che aveva consapevolmente scelto di non riportare nessun esemplare di orso. In serio pericolo, il lieto fine è d'obbligo, anche grazie all'aiuto dei Brown. La storia è ben costruita, l'animazione è gradevolissima. Un tocco di britishness avvolge tutto il racconto, tra citazioni e suggestioni.

Buona e non buonista, tenera ma mai stucchevole, la storia dell'orso Paddington fa riflettere, eccome. 
Fa riflettere sui valori dell'accoglienza, dell'altro e del diverso. L'arco narrativo del sig. Brown e di sua figlia Judy - il primo ritrova il suo sé più naturale e dinamico, l'altra si scioglie nel carattere e nel sorriso - dimostrano come possa essere importante l'incontro con l'altro, con colui che dapprima siamo tentati di etichettare come diverso e, dunque, incompatibile. 
E così che la strana convivenza nella casa di Windsor Garden si rivela benefica, non solo per Paddington, ma anche per i Brown, che dovevano resettare il proprio stare in famiglia e la propria vita insieme. Ritrovando, ad esempio, il "giorno della marmellata", momenti di condivisione, essenza dell'essere famiglia.  

"In London nobody's alike, which means everyone fits in". A Londra, riflette Paddington, nessuno somiglia agli altri, per cui tutti si trovano a proprio agio". È il valore più grande, quello della diversità. Ecco perché un film così fa bene non solo ai bambini, ma forse soprattutto ai più grandi che, troppo spesso, se ne dimenticano.



Paddington (2014), di Paul King, con Hugh Boneville, Sally Hawkins, Nicole Kidman, Francesco Mandelli, Ben Whishaw.


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