Burki |
Petar Pismestrovic |
Mentre i vignettisti si
sbizzarriscono a raccontarci il nuovo accordo sul bilancio Ue, un dato è certo:
quello varato ieri è il primo quadro finanziario al ribasso della storia
comunitaria. Scontenti, molto, quelli che speravano in un’inversione di tendenza,
in una sterzata Keynesiana ed in un'iniezione di politiche anticicliche.
Il nuovo Quadro
Finanziario Pluriennale copre i prossimi sette anni (2014-2020) ed è concepito
per un'Unione europea a 28 Stati membri, in base all'ipotesi di lavoro che la
Croazia aderisca all'Unione nel 2013.
Il Consiglio europeo,
riassumendo, ha raggiunto un accordo politico in base al quale la cifra massima
totale della spesa per l'Ue a 28 è pari a 959 988 milioni di Euro in
stanziamenti per impegni che rappresentano l'1,00 % del reddito nazionale lordo
(RNL) dell'Unione e a 908 400 milioni di EUR in stanziamenti per pagamenti che
rappresentano lo 0,95% dell'RNL europeo.
Si è trattato, come ha
spiegato efficacemente Marco Zatterin su La Stampa, di uno «scontro fra i
rigoristi condotti da Cameron e i fan della spesa comune in chiave anticrisi
come Italia e Francia». «La cifra - continua Zatterin - comprende 450
miliardi per la crescita, somma maggiore sull’esercizio precedente, ma smagrita
rispetto alle idee di partenza: alleggeriti gli investimenti sulle reti
transfrontaliere, sparite le Tlc, al punto da fare commentare a una fonte: «E’
rimorto Keynes!».
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