martedì 14 gennaio 2014

Quanto è pericolosa l'ignoranza


Caro Augias, 

oltre alla barbara polemica sull' Inno di Novaro/Mameli e sulla canzone del Piave, cose più gravi sono state dette in questi giorni. L' onorevole Lussana, parlando in tv ha annunciato che tra i piani della Lega c' è anche una «regionalizzazione» della scuola che propone una, per così dire, regionalizzazione della cultura e della letteratura: gli alunni del Nord dovrebbero formarsi su autori settentrionali, quelli del Sud su autori e scrittori del Mezzogiorno. 
In una storia nazionale percorsa da fratture come la nostra, la cultura ed in particolare la letteratura, hanno costituito da sempre flebile ma saldo veicolo di unitarietà. In una storia così difficile, la letteratura ha assunto, ancor di più nei periodi di mancanza di unità politica e di indipendenza, particolare forza come fattore di unificazione sentimentale e culturale. 
Il motivo nazionale percorre tutta la nostra letteratura proprio perché la comunanza di lingua e di cultura poteva garantire, anche nelle età più tristi, un' unità che si realizzava nonostante ogni differenza. 
L' Italia per secoli non fu uno Stato unitario ma sentì fortemente ed espresse nella sua letteratura il proprio esser nazione. 
Non è quindi drammaticamente triste, sbagliato e assurdo voler dividere l' Italia di Pirandello dall' Italia di Manzoni? 
Diletta Paoletti 

Prima di ogni altra cosa il progetto è stupido e inapplicabile nella pratica. Pasolini a quale regione appartiene? Al natio Friuli o al Lazio, anzi a Roma ladrona, di cui ha raccontato la poca gloria residua e le molte miserie? Ma poi quelle miserie appartenevano davvero solo a Roma? La città capitale non è stata per lui il simbolo di un' epoca, di una "cultura", di una civilizzazione che incombe a qualunque latitudine? Il marchigiano Leopardi lo mettiamo a Nord o a Sud? E "il Gran Lombardo" Gadda che scelse Roma e raccontò la sua via Merulana? Chiacchiere da buontemponi di paese che non sanno di che cosa parlano. 
A proposito di Verdi e del Va' pensiero mi ha scritto il musicologo Fabrizio Della Seta dell' Università di Pavia: «Verdi non si sentì mai padano, per tutta la vita cercò di staccarsi dalla provincia, si sentiva di casa a Roma, a Napoli e a Parigi, con Milano si riconciliò in vecchiaia. Credeva nell' unità d' Italia, fu vicino a Mazzini, poi a Cavour. Nel 1848, su richiesta del primo, musicò un altro inno di Mameli e nel ' 49 compose per la nascente Repubblica romana La battaglia di Legnano, con tanto di Lega lombarda e carroccio, che apre con queste parole: "Viva Italia! Sacro un patto Tutti stringe i figli suoi"». 
Forse a Bossi converrebbe di più ispirarsi al siciliano Bellini la cui Norma predice ai suoi Galli: «In pagine di morte della superba Roma è scritto il nome~ Ella un giorno morrà, ma non per voi, Morrà nei vizi suoi». Aggiungo che la Leggenda del Piave, anche richiamata da Bossi, è stata composta da E. A. Mario figlio di un barbiere napoletano della Vicaria. Sono le pericolose sciocchezze degli incolti.

Da Repubblica del 24 luglio 2008
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