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lunedì 27 giugno 2016

Brexit: a scottish point of view

Nate Kitch's illustration (The Guardian)
























Kirstie, what's your opinion on what is happening in the Uk?

It's very tricky. Some wanted out and some voted in spite without thinking of the consequences. It's a bit of a shock that it's gone through for everyone. I hope it gets rejected in parliament, Nicola Sturgeon and her MPs are potentially going to reject the leave of the EU on behalf of Scotland which would veto it. She is frantically trying to keep Scotland in as the majority here want in.

What do you think about the geographic distribution of the vote?

The main point is that most of the big cities voted to stay as they no the benefits of membership due to being diverse where as rural people voted out. Older people tended to vote out more than the young as they want to go back to the 'good old days' and lots of young people didn't vote at all. But the old days are gone and that has nothing to do with EU. It's sad that the poor areas that benefit from extra funding are the ones that voted out! I believe most people who voted out don't know much about the issues and the leave campaign was targeted at people who think our problem are due to lots of foreign people clogging up our systems which isn't true. It was a shock to a lot of people who voted no as they didn't think it was going to actually happen. But nobody knows what's going to happen, everything is all over the place and people are petitioning government to have another vote.

EuRef has represented a severe political conflict...

Aparently Boris Johnson, who lead the leave side, decided to go for leave campaign so that he would be against Cameron and show himself to be a good candidate but never actually wanted to win. It looks like it was a vanity contest. A friend of Boris said he wrote 2 articles, one for leave and one to stay. His friend read them and said stay was more passionate but he said he had to go for leave as he wanted to go against Cameron to show himself in the lime light. Nobody wants Boris to be prime minister, in fact I think anyone who goes against him would get it. Everyone is blaming Corbyn as the reason so many people voted to leave as he couldn't unite them. Everyone on the leave side looks miserable and stressed I don't think they know what they are doing or actually wanted to win. Cameron looks stressed, looks like it's tough times!

What do you think Scotland should do?

I didn't want independence as I liked being part of the UK, but this has swung me more to the side of independence as I'd rather be part of the EU but I'd want to take London and Northern Ireland to as they want to be in the EU. I trust Nicola to act for Scotland though. I hope it all gets fixed but I don't know, it all looks bleak at the moment. The only positive think is the Scottish government fighting for it, if that wasn't going on it would be incredibly depressing here!

Tell me something about the perception on "migration" issue.

First of all, I just hope everyone outside of the UK doesn't think we all hate Europeans! I have lot of friends here from all over Europe who have lived here for years and are scared about the future. I think people are getting greedy and wanting to fend for themselves. The whole point of the EU is to help each other, scary how people are getting so anti immigration. My colleague is Muslim and gets shouted at every so often to get out the country. I still have hope that it'll be fixed somehow...

This morning Boris Johnson said UK will continue to "intensify" cooperation with EU following referendum result, what do you think about it?

He is right, now is the time to build bridges, our country needs it. I am interested to see how the leave result will work in practice and how they plan to unite people again. The fractions are deep and it won't be easy, Especially as it will effect all our lives especially our non British citizen colleuges, neighbours and friends living here who contribute so much. I hope what we end up with is not too different to what we have at the moment but I suppose all we can do at the moment is wait and see what the next move is in what feels at times like a political chess game.


Kirstie McDonald, 26, accountant, lives in Edinburgh. She works in small business and charity sector.





venerdì 26 giugno 2015

Un brindisi all'Europa (o forse no): la Regina Elisabetta ci ripensa?



Ieri scrivevo dei "toni europeisti" della Regina Elisabetta, in occasione della sua visita in Germania. Parlava, ispirata, di unità europea e dei rischi della disunione.

Bene, a Palazzo debbono essersi spaventati ed è arrivata la retromarcia.

Una nota ufficiale di Buckingham Palace, infatti, ha prontamente negato che il discorso della Regina sottointendesse una sua convinzione circa la necessità che la Gran Bretagna continui a far parte dell'Unione europea.

Elisabetta aveva fatto riferimento alla pericolosità delle divisioni e all'opportunità di non dare per scontati i benefici di un continente pacificato.
Merkel annuiva vistosamente durante questo passaggio.

"Come sempre - ha spiegato un portavoce di palazzo - la Regina è al di sopra della politica ed è politicamente neutrale rispetto al tema dell'appartenenza all'Unione".

Il discorso di Berlino, preparato dagli ufficiali di Elisabetta, sarebbe stato, come al solito, approvato dal Governo inglese. Le sue parole precedono l'incontro tra i capi di stato e di governo dell'Unione durante il quale David Cameron presenterà le proprie proposte per la rinegoziazione dello status dell'Uk nella casa comune europea.

Insomma, dicono da Londra, il discorso era molto personale, basato sull'esperienza di vita della Regina e non ha niente a che vedere con questi negoziati.

Sarà, ma di certo pare che qualcosa sia cambiato ultimamente: l'euroscetticismo pre elettorale, si è trasformato in un cauto europeismo su misura, che Cameron intende portare avanti con decisione.

We'll see.



Leggi l'articolo sul The Guardian

mercoledì 13 maggio 2015

Cosa dice il voto inglese agli americani

PHOTOGRAPH BY STEFAN ROUSSEAU/AFP/GETTY


Ho letto e tradotto questo illuminante articolo di John Cassidy sul New Yorker: ci spiega quali insegnamenti possono trarre gli americani dal voto inglese. In vista delle presidenziali del 2016.
Da leggere!

Mentre David cameron compone il suo nuovo governo, nel partito labourista prosegue l'analisi dei risultati del voro. A seguito delle dimissioni del suo leader, Ed Miliband, c'è il tentativo di riportare il partito al centro della politica. Lord Mandelson, uno degli architetti del progetto centrista di "New Labour" di Tony Blair, ha così commentato le elezioni: "la ragione per cui abbiamo perso - e perso così pesantemente - sta nel fatto che nel 2010 abbiamo abbandonato il progetto del New Labour, invece che rivitalizzarlo e ridare ad esso energia, rendendolo centrale nei nuovi tempi che stavamo affrontando".
David Miliband, ex segretario delgli esteri Labour, sconfitto dal fratello alle primarie per la leadership del partito, ha detto: "penso che gli elettori ci abbiano consegnato un verdetto. Se il partito labourista non abbraccia una politica di aspirazione e di inclusione, una politica che sappia opporsi ad alcune etichette tradizionali che hanno afflitto la politica per così tanto tempo, non tornerà a vincere". 
Questo dibattito aumenterà di intensità, ora che il Labour party dovrà scegliere un nuovo leader. 
Ma quali sono le lezioni del voto inglese per le imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti? 
Storicamente la politica americana ed inglese hanno marciato in sincrono - si pensi a Reagan e Tatcher - e anche oggi ci sono forti legami tra i due principali partiti da una parte e dall'altra dell'Atlantico. 
Durante la campagna elettorale, David Axelrod, a lungo stratega di Obama, ha lavorato per i labour, mentre Jim Messina, il campaign manager di Obama ha collaborato con i conservatori (sì, in casa democrats in molti hanno storto il naso a fronte di questa decisione di Messina). Inoltre, alcunde delle dinamiche interne di partito che guidano le formazioni politiche nel Regno Unito hanno delle ripercussioni negli Stati uniti. Nel partito democratico, così come nel partito labourista, la componente progressista-liberal è perennemente alla ricerca di spostare il partito a sinistra e di sconfiggere l'opposizione dei centristi. Mentre i Repubblicani, come i conservatori stanno cerncando di venire a capo della materia dell'immigrazione. 
All'interno della campagna di Hillary, ci saranno senza dubbio persone che faranno eco alle argomentazioni dei Blairisti che la dura sconfitta dimostra il pericolo di uno spostamento troppo a sinistra. E - in un certo senso - queste persone hanno ragione. La piattaforma Labour - che include la promessa di alzare le tasse per i redditi più alti e di introdurre una nuova tassa sulle case multimilionarie - è stata premiata in alcune aree del paese, ad esempio nelle città, sede di numerosi liberal, college educated, così come di molti immigrati. In Greater London, ad esempio, i Labour hanno aumentato i seggi da 38 a 45. Ma nei sobborghi e nelle piccole cittadine, il messaggio progressista del partito non ha avuto successo, consentendo ai conservatori di ottenere la maggioranza alla Camera dei Comuni. 
Nonostante questo fallimento, sarebbe una semplificazione fuorviante sostenere che i Labour abbiano perso perché gli elettori hanno rifiutato il piano redistributivo, che in effetti ha avuto un risultato positivo nei sondaggi, così come lo hanno avuto altre porposte progressiste (come l'aumento del salario minimo, la riduzione dei costi del college e la garanzia di 25 ore di riposo alla settimana per le famiglie con figli piccoli). Miliband ha avuto il risultato migliore nei sondaggi quando ha promesso di eliminare la deroga che permettrva a molti ricchi redisenti British di non pagare le tasse sui rendimenti all'eserto. E la sua accusa che i Tories non finanziassero adeguatamente il National Health service ha fatto sì che i conservaotri trovassero nuovi fondi per la sanità pubblica. 

Sarebbe altrettanto un errore interpretare il risoltato delle elezioni come una generico endorsemente alle poltiche di austerità dei conservaorti, che in larga misura hanno caratterizzato il primo mandato di Cameron. Anche se i Tories hanno leggermente visto accrescere il loro risultato, i liberal-democratici, la cui partecipazione al governo di coalizione ha permesso ai concervaori di portare avanti i propri piani economici, hanno sofferto di un crollo senza precedenti, scendendo dal 23.1% del 2010 al 7.9%. 
Il voto complessivo della coalizione dell'austerity ha collassato, come ha detto Yglesias su Vox. 

Il problema dei Labour è stato che non ha conquistato il voto dei non tory. In Scozia, questo è stato decimato dallo Scottish National Party; in Inghilterra ha ceduto molti voti all'Ukip. 
Tra coloro che sono stati sconfitti, Douglas Alexander e Ed Balls, il primo sconfitto dal NSP, l'altro dai conservaoti (a causa dell'8% conquistato dall'Ukip). 
Le sorti di Alexander e Balls, due labour moderati e di lungo corso, dimostra perché è pericoloso, da una prospettiva americana, dedurre in modo eccessivo da ciò che è successo ai labour. I Democratici hanno le loro sfide da affrontare, ma essere spremuti da una parte da un partito nazionalista di sinistra e dall'altra da un partito nazionalista di destra non è un pericolo effettivo per Hillary Clinton o chiunque altro sarà il candidato Dem. Certamente, a causa della rapida crescita del voto ispanico in molte aree, il tema dell'immigrazione, che è stato centrale nell'appello dell'UKIP, rappresneta iun grande pericolo per i repubblicani. Se il candidato repubblicano non riesce a trovare il modo di neuralizzare questo possibile problema, avrà grandi problemi in stai come il Colorado, la Florida e il Nevada. 
E non è solo questa la differenza tra gli Stati uniti e Gran Bretagna. Un'altra grande differenza è che i democratici sono attualmente al potere, il che significa che - come i conservatori in Inghilterra - beneficiano dei recenti miglioramenti dell'economia. Le performance dell'economia britannica non è stata soddisfacente, la crescita del pil è stata debole e gli standard medi di vita delle persone sono ancora al disotto rispetto al 2008. Durante gli ultimi due anni, però, le cose sono migliorate: il pil inglese è cresciuto più velocemente che in ogni altra economia europea e la crescita dell'occupazione è stata forte. Questa svolta ha permesso ai conservatori di parlare di successo dopo tutti i sacrifici compitui dal paesi e che non fosse il caso di rischiare dando il voto ai labour, partito che a riagione o no, in mlti identificano con l'overspending e la spesa in deficit.

L'economia americana, come quella inglese, sta sperimentando una ripresa modesta sul piano del PIL con una forte crescita del lavoro. Molti americani ancora non percepiscono cambiamenti nella loro vita ma questo era vero anche per la Gran Bretagna: la mancanza di fiducia era una delle ragioni che faceva pensare a molti commentatori che i labour avrebbero potuto vincere. Alla fine, invece, gli elettori hanno premiato i conservatives per la gestione dell'economia. Se negli USA la ripresa dell'economia continua, come molti economisti ritengono, i democratici potrebbero ottenere lo stesso premio dalle urne.

Ciò comunque non significa che i labour non abbiano fatto errori o che i Dem non debbano prendere lezione da questi. La lotta di Ed Miliband a partire dalla sconfitta di suo fratello, dimostra l'importanza della scelta di un leader credibile che con solida esperienza e capacità comunicative. Miliband, nonostante in campagna elettorale abbia avuto una performance migliore delle aspettative, non ha mai veramente raggiunto questi standard. Praticamente ogni cosa che ha dichiarato con riferimento all'aumento delle diseguaglianze e alla stagnazione del tenore di vita e all'attacco dei Tories verso i più bisognosi e i disoccupati era corretto. Così come era corretto il  fatto che la tassazione è stata distorta a favore dei più ricchi dai tempi in cui la Tatcher aveva abolito le tasse sulle proprietà immobili e la rimpiazzò con una tassa pro capite, e che la Gran Bretagna ha bisogno di investire nell'educazione e nelle infrastrutture, per costruire una società con elevate competenze ed alti salari. Ma anche se Miliband e il suo team hanno fatto la diagnosi corretta,  non hanno convinto gli inglesi sul fatto che avessero la giusta ricetta. Le singole proposte labour erano popolari, ma molti elettori si sono apparentemente fidati dell'avvertenza dei tories relativamente al fatto che i labour avrebbero speso irresponsabilmente e portato lo stato alla bancarotta.

Anche qui, la situazione che devono affrontare i democratici è molto diversa e il fatto di essere al potere è un vantaggio. Qualunque piano economico assembli Hillary clinton (e qui sto dando per scontato che sia lei ad essere nominata), sarà in grado di far valere espereizna e una gestione responsabile delle finanze. A partire dal 2010, il deficit USA è sceso del 10% del PIL al 3%. Le accuse dei repubblicani contro le politiche spendaccione di Obama si sono dimostrate false e gli elettori non possono non riflettere su ciò. Se nel 2012 per il sessanta per cento degli americani l'economia risultava essere la principale sfida per il paese, nell'aprile di questo anno la percentuale è scesa al 34 per cento.

Si può sostenere che la sconfitta dei Labour sia più problematica per i Repubblicani che per i Democrats usa. Sono i Repubblicani che devono scalzare i democratici al potere.
Sono i Repubblicani ad essere il partito con guida maggiormente ideologizzata, e sono i repubblicani ad avere il record di utilizzo di surplus di budget nelle loro politiche preferite, come il taglio delle tasse e le avventure militari.
Miliband - nonostante le suoi migliori intenzioni - non ha potuto convincere gli elettori che i labour non si sarebbero ripresi quello che molti avevano ottenuto. Chiunque vincerà le primarie repubblicane, dovrà affrontare questa sfida.