lunedì 12 dicembre 2011

O sole mio


Si è conclusa ieri mattina a Durban – dopo 14 giorni di lavoro e 20 ore ininterrotte di trattative – la Climate Change Conference 2011, il consesso delle Nazioni Unite interamente dedicato ai problemi climatici. E alle soluzioni per risolverli. Come al solito, tante le questioni sul tappeto, e la conferenza ha riproposto i principali temi in fatto di energia, inquinamento e sostenibilità.
Proprio questa mattina il The Guardian propone un interessantissimo articolo dal titolo accattivante: “Può il sole del deserto dare energia al mondo?” Niente di nuovo, della proposta si è già sentito parlare, ma questo articolo di Leo Hickman spiega davvero bene le opportunità e le potenzialità che possono venire dalla sabbia infuocata del deserto. 
Il sole che picchia sulle aree desertiche, infatti, potrebbe non solo generare elettricità in Medio oriente e Nord Africa, ma anche in Europa, eliminando l’uso dei combustibili fossili. E Hickman spiega anche i precedenti di questa “luminosa idea”: addirittura nel 1913 un ingegnere americano, Frank Schuman, propose un progetto che – con un gioco di sole, acqua e specchi – avrebbe prodotto energia. Ad interrompere il tutto, la prima guerra mondiale. E più recentemente il tedesco Gerhard Kniesche – già negli anni ’80 – scoprì che in appena sei ore, i deserti sparsi per il mondo, ricevono dal sole più energia di quella che l’umanità consuma in un anno. La conseguenza? Una piccola frazione del Sahara potrebbe liberarci da emissioni nocive.
Ecco la proposta, in concreto: si chiama “Desertec”, e mira a fornire, entro il 2050, il 15% dell’elettricità europea attraverso un vasto network di impianti solari ed eolici che si estendono lungo le regioni medio-orientali e nord africane, collegato al vecchio continente attraverso cavi di trasmissione.
Liquidato da alcuni come progetto ai limiti dell’utopia, il piano – che vede capofila la Germania – sembra invece essere perfettamente realizzabile. E negli ultimi tempi è cresciuto l’impegno e il supporto da parte di compagnie e soggetti interessati, fino alla creazione, per mano di un consorzio internazionale, della “Desertec Industrial Initiative (Dii)”. E anche gli impulsi della politica sembrano andare in questo senso, soprattutto dopo che la Germania ha deciso di abbandonare un’altra (discutibilissima) fonte di energia: il nucleare. 
l'articolo del The Guardian
Proprio la Dii ha confermato che il prossimo anno verrà realizzata la prima parte del progetto, attraverso la costruzione di una prima installazione in Marocco. L’obiettivo di questa azione pilota è quello di dimostrare le benefiche conseguenze del piano. Certo, la crisi economico-finanziaria non aiuta, ma è opportuno convincersi che proprio su questo settore – cioè quello delle rinnovabili e dei sistemi alternativi di produzione dell’energia – sarà più che mai opportuno investire.
Chi paga il progetto? Il finanziamento dovrebbe avvenire da parte della Banca mondiale, con il coinvolgimento di alcuni istituti bancari tedeschi, ma si vocifera anche su un impegno dell’Ue, con sovvenzioni appositamente destinate. Un’altra questione solleva qualche dubbio: alcuni vedono in Desertec il rischio di un larvato neocolonialismo: in un ciclo per cui il passato sembra ritornare, di nuovo le risorse dei paesi extra-europei vengono sfruttate dagli eredi dei vecchi colonialisti. Niente affatto, spiegano dalla Dii: il progetto si realizzerà all’insegna di processi cooperativi, a vantaggio di tutte le parti. A vantaggio di Europa e Medio Oriente, ma anche del Nord Africa. Ma soprattutto – aggiungiamo – a vantaggio dell’intera umanità, che potrebbe finalmente cominciare ad affrancarsi da obsolete e tossiche fonti di energia. Here comes the sun...

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