mercoledì 14 dicembre 2011

Un'altra storia



Di fronte alle agghiaccianti scene di Firenze, ieri il mio pensiero è corso ad un film, visto solo poche sere prima. “Miracolo a Le Havre”, di Aki Kaurismaki, una pellicola che somiglia ad una poesia, di un candore quasi inverosimile. È la storia – ambientata nella cittadina affacciata sulla Manica – di Marcel Marx, (ex)scrittore e bohémien sulla sessantina. Una vita tranquilla, la sua, tra il lavoro di lustrascarpe, l’amore per una moglie (un po’mamma) e il bicchiere di bianco al bar del quartiere.
Fino a che due eventi interrompono il regolare e scandito fluire della quotidianità: la malattia (con “lieto fine”) dell’amata Arletty e l’incontro con una ragazzino del Gabon, Idrissa, fuggito da un container di clandestini al porto. Vuole raggiungere la madre a Londra, Idrissa. E Marcel farà di tutto per aiutarlo. Innanzitutto lo protegge dai poliziotti che gli danno la caccia. E poi – povero di soldi e ricco di fantasia e generosità – organizza un concerto rock: i soldi ricavati sono proprio quelli che servono ad Idrissa per attraversare la Manica e cavalcare un sogno.
E anche il Commissario – un po’ burbero, sì, tutto intabarrato nei suoi abiti cupi – è stanco di inseguire ed eseguire una giustizia troppo spesso miope e così ci stupisce quando permette e copre la fuga del ragazzino. È il momento, anche per lui, di disobbedire. Certo, questo è un film. Ma la cosa bella è che di queste storie è piena anche la realtà. Il fatto è che non fanno notizia, rispetto al frastuono mediatico provocato, invece, dagli eventi di violenza. 

Per esorcizzare il dramma avvenuto al mercato di Firenze, per non essere sopraffatta dall’orrore, ho ripensato a questo film. Che racconta un’altra storia. Un altro modo di vedere e soprattutto vivere l’immigrazione. Un altro modo di rapportarsi con il diverso da sé, che è poi profondamente, intimamente uguale a sé. Uguale in quanto parte di quella precaria ma splendida condizione che è l’essere uomini e donne. 



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