mercoledì 11 gennaio 2012

Angie, la Gioconda del Nord

Angela Merkel
























Se la parola più usata nell’ultimo scorcio del 2011 è stata spread, il nome più pronunciato è stato senza dubbio quello di Angela Merkel. E non si prevedono inversioni di tendenza per il 2012. La cancelliera tedesca, in coppia (quasi) fissa con Nicolas Sarkozy, ha dominato non solo pagine di giornale e summit europei, ma anche dibattiti televisivi e chiacchiere da bar. Con giudizi non sempre lusinghieri. Proviamo allora a fare ordine su questa figura che, accusata o difesa che sia, si è trovata a guidare un’Europa ... sull’orlo del baratro.

Donna dell’est, protestante, due matrimoni, senza figli, Angie – come la chiamano amici e detrattori – nasce nel 1954 ad Amburgo, ma cresce nella Repubblica Democratica Tedesca, meglio nota come Germania dell’Est. Il padre – il pastore protestante Horst Kasner (Merkel è il cognome del primo marito di Angela) – decide di trasferirsi, famiglia al seguito, al di là della Cortina di ferro (il Muro non era ancora arrivato a dividere – fisicamente e simbolicamente – due modi di essere, due ideologie e due sistemi politico-sociali). La penuria di pastori spingeva i più motivati tra loro a compiere missioni ad Est, muovendosi in controtendenza rispetto alle tantissime persone che, fuggendo dalla RDT nell’illegalità e rischiando non poco, si riversavano nella Repubblica Federale tedesca.
Angela Merkel cresce nella RDT
Ecco allora che la giovane Angela muove i primi passi. E se è vero che le difficoltà aiutano ad essere migliori, così sembra essere stato per la futura Cancelliera: dietro al suo successo – concordando molti osservatori – sta il fatto di essere cresciuta sotto ad un regime dispotico, dove ha imparato l’arte di mediare, anzitutto tra le proprie idee e la realtà. Tenace e determinata, “vuole essere sempre la numero uno”, racconta chi la conosce bene e lei stessa ha ammesso, in una delle poche interviste concesse, che, in fondo, “non c’è niente di male ad essere ambiziosi”. Studia Fisica all’Università di Lipsia, ottiene un dottorato e diviene membro dello staff accademico al Central Institute of Physical Chemistry dell’Accademia delle Scienze di Berlino Est. Ma alla carriera universitaria si sostituisce ben presto quella politica.
Entrata nella CDU (Unione Cristiano-democratica) nel 1990, la Merkel diviene due volte ministro nella Germania riunificata: nel 1991 alle Pari opportunità, nel 1994 all’ancor più strategico Ministero per l’Ambiente e la sicurezza nucleare. Da aspirante scienziata ad aspirante Cancelliere, dunque, il salto è breve. Ancor più breve se a propiziarlo è niente meno che Helmuth Kohl, leader della CDU, artefice della (delicatissima) riunificazione delle due Germanie e grande europeista. I destini politici dei due si incontrano in occasione del congresso di partito del ‘90: Kohl viene colpito dal carattere e dalla biografia (spendibile politicamente) di Angela, la ribattezza “das madchen” (la ragazza) e decide di spianarle la strada, dentro al partito e dentro al governo.
Angela Merkel con Helmut Kohl
Fino al 2005, quando la ragazza, ormai cresciuta, vince (di misura) le elezioni politiche e assume la guida dell’intero paese, “prima donna e prima tedesca dell’est ad occupare la cancelleria”, è scritto, ben in evidenza, nel sito ufficiale di governo. Successo ottenuto anche attraverso – tra le altre cose –  la rottura con il padrino politico: quando Kohl è travolto dallo scandalo finanziario legato ai finanziamenti al partito, Angela non lo risparmia e lo invita pubblicamente a farsi da parte.
Lontana dall’idealtipo di donna in voga tra i conservatori, contribuisce a svecchiare non solo il partito ma tutta la scena politica tedesca. Spesso illuminata (come ministro per l’Ambiente affronta la questione del trasporto delle scorie nucleari appellandosi a tutte le forze politiche e sociali: quando è in gioco il bene comune, meglio non escludere nessuno dal tavolo), è stata una grande sostenitrice della parità tra i sessi (ha promosso, solo per fare un esempio, gli asili pubblici, fino ad allora impopolari tra le fila dei conservatori). Con lei va in porto la seconda Grosse Koalition della storia tedesca (dopo quella degli anni ’60), che vede al governo i cristiano-democratici insieme ai socialisti della SPD. Nel 2009 la rielezione, questa volta a braccetto con i liberali.
Il resto è storia: oggi la Merkel ha gli occhi di Europa e del mondo addosso. Col suo fare – enigmatico quanto basta (Der Spiegel l’ha definita la “Gioconda del Nord”) – cerca, in un difficilissimo equilibrismo, di salvare sia l’Ue che i favori del suo elettorato. Viene accusata – a ragione – di aver tentennato in momenti cruciali: sono datate 2009 le prime drammatiche avvisaglie della crisi greca e, a quei tempi, sarebbe bastato poco per calmare i mercati e tranquillizzare gli investitori. E invece, ci volle una telefonata accorata di Obama per sbloccare le reticenze della Cancelliera e a convincerla ad intervenire, sia pure in ritardo.

Angela Merkel, Nicholas Sarkozy e Mario Monti

Ma deve esserle riconosciuto, altrettanto a ragione, di aver saputo tenere testa agli agguerritissimi falchi antieuropeisti made in Deutschland e ai profeti del rigore (basti citare – tra i secondi – Jürgen Stark, economista tedesco alla BCE, che – in nome dell’ortodossia rigorista – si è addirittura dimesso dall’incarico, tanto era contrario all’acquisto, da parte dell’Eurotower, dei titoli sovrani dei paesi in difficoltà). Ed è riuscita a fare accettare ad un Bundestag più che riluttante il Fondo salva stati, irrobustito da ultimo lo scorso settembre. Ma ancora molte sono le rigidità di Angela: dal (netto) rifiuto degli Eurobond, alla contrarietà al rafforzamento dei poteri della Banca centrale europea. Che la nuova intesa tra Italia e Francia riesca a convincere la cauta Cancelliera? Alla prossima puntata.  

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