Partito di lotta, partito di governo e ancora partito di lotta: ecco, in breve, l’ondivago percorso politico della Lega Nord che in queste ore si dichiara, orgogliosa, partito di opposizione, quasi a tirare un sospiro di sollievo dopo che – negli ultimi mesi – non poco malcontento era stato espresso dalla base, stufa di Berlusconi e dei suoi scandali. La doppia personalità, ben inteso, non è una novità (Pci docet) e lo stesso Bossi aveva parlato – già nel lontano ’93 – di “Lega di lotta e di governo”. Ma certo è che, ora, per recuperare consensi occorre recuperare il passato.
Per alcuni esempio virtuoso
(ha saputo trasformarsi senza perdere i suoi caratteri identitari di fondo),
per altri ennesima dimostrazione (tutta italica) di pratiche, per così dire,
trasformistiche, la Lega Nord – partito territoriale per eccellenza (il suo
radicamento sul territorio fa invidia ad altri) – era, eccome, un partito di
lotta, intriso di antipolitica. Nel corso degli anni ’90, infatti, la
principale mission politica del
“Carroccio prima maniera” è stata – oltre, ovvio, al tentativo di
autonomizzazione delle regioni settentrionali – proprio quella di canalizzare e
cavalcare la contestazione alla politica italiana, il disprezzo montante per i
partiti tradizionali e per le altrettanto tradizionali pratiche e consuetudini
politiche, il tutto, condito con una buona dose di intolleranza sociale
(principalmente contro immigrati e meridionali). Riuscendo persino ad
intercettare la domanda di rappresentanza prima destinata ad altri partiti
(basti pensare ai successi ottenuti sull’elettorato di matrice operaia, bacino
esclusivo – fino a quel momento – della sinistra).
È
così che la Lega (con il suo misto di populismo ed etnoregionalismo, fino a
quel momento inedito per l’Italia) non ha esitato ad entrare – più volte –
nelle tanto disprezzate stanze dei bottoni di “Roma ladrona”, fino ad occupare
ministeri importanti, come quello degli interni fino a pochi giorni fa in mano a Roberto Maroni. Ma oggi, tutt’altra
musica e la Lega sembra decisa a ritornare alla lotta e ad abbandonare il
governo. Crisi di identità? Niente affatto, semplice prevalere – a seconda di
dove tira il vento – dell’una o dell’altra anima del Carroccio. Ecco allora
che, tra secessione e federalismo, tra un ribaltone e una ricostruita alleanza,
si arriva al turbolento scenario attuale.
E,
a simboleggiare il rinnovato “vigore” leghista (per non usare altre
espressioni, ben più colorite, cui eravamo stati abituati) sta per riaprire –
udite, udite! – il Parlamento del Nord, una delle creazioni di quella “invenzione della tradizione” che andò
in scena tra il 1995 e il 1997, quando una Lega in calo di consensi, decise di
costruire – a tavolino – l’ideale artificiale e artificioso della Nazione
Padana. Come si suol dire, a volte ritornano.
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