È un DOC. Più precisamente
è un Grechetto, prodotto con le uve delle colline umbre. Ed è più che mai
solidale. Stiamo parlando del vino Ásylon, realizzato – con il sostegno di Caritas Umbria e dell’associazione
Libera – dall’azienda agricola annessa all’(antichissimo) Istituto Agrario di
Todi. Il tutto, con il patrocinio dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati.
Perché proprio ai rifugiati, infatti, saranno destinati i proventi della
vendita di questo vino speciale. In che modo? Andando a
finanziare borse di studio, che permetteranno loro di formarsi presso
l’istituto di Todi, specializzandosi dunque nel settore agricolo, attraverso
corsi di qualificazione professionale e percorsi di studio quinquennali. Una
doppia risorsa, insomma: per le persone (che avranno l’opportunità di ottenere
importanti qualifiche) e per il territorio, che potrà giovarsi di personale
formato. Un circolo virtuoso, in grado di mescolare agricoltura e solidarietà,
ma anche commercio ed eticità, andando a vantaggio di – e questa volta nessuno
è escluso – singoli e comunità. «I
rifugiati possono così dare un senso al permesso di soggiorno – spiega,
appassionata come sempre, Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato ONU
– e non è un caso che questo progetto parta dall’agricoltura». Già, perché nel
settore agricolo (ma non solo), spesso si concentra quell'Italia sommersa che
fa affari con lo sfruttamento degli immigrati e con l'economia esentasse.
Quello sfruttamento senza scrupoli (drammaticamente portato in evidenza – per fare un esempio – dai fatti di
Rosarno del 2010) che corrompe le campagne italiane, che deforma il concetto
stesso di lavoro, rendendolo somigliante a moderne forme di schiavitù.
Interviene proprio su tutto questo il progetto Ásylon, dal momento che «con
questa iniziativa pilota – aggiunge Laura Boldrini – possiamo restituire
dignità al lavoro». Scusate se è poco. Cin cin.
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