Eurobond sì o Eurobond no?
Eurobond sì. E a parlare non è uno qualsiasi, ma Jacques Delors, uno che
l’Europa l’ha fatta (è considerato tra i padri nobili dell’Ue), l’ha guidata
(dal 1985 al 1995 è stato Presidente della Commissione europea) e l’ha vissuta
da dentro (celebre il suo impegno per il completamento del mercato interno, per
la coesione regionale e per l’unione monetaria). E, strano ma vero per i tempi
che corrono, la ama. Sempre oggettivo, mai ipocrita, non ha mancato di
sottolinearne, in passato, le stranezze: celebre la frase con cui definisce
l’Ue “un oggetto politico non identificato”, parafrasando l’acronimo attribuito agli Ufo. E oggi, preoccupato per i destini della “casa comune”
che ha contribuito a costruire, non si tira in dietro. Interpellato (molte le
interviste negli ultimi tempi, al Corriere della Sera, a El Pais e al The Guardian, solo per citarne alcune), non si limita ad interpretare la cronaca e
la politica di Bruxelles, ma fa proposte concrete. Tra queste, quella dei tanto
dibattuti Eurobond, attorno cui si gioca non solo il sì o il no tedesco, ma
anche il futuro dell’Unione (monetaria ed europea).
Ma andiamo con ordine. Primo: cosa sono
questi famigerati Eurobond? Sono titoli di debito pubblico, emessi –
diversamente da BTP italiani o Bund tedeschi – a livello europeo. Secondo: a
cosa sono destinati? Nella sua proposta originaria, Delors li aveva immaginati
come modo per finanziare gli investimenti pubblici e, quindi, la crescita.
«Avevo proposto le euro-obbligazioni nel 1993, per finanziare i grandi progetti
infrastrutturali», spiega al Corriere. Ma oggi, gli Eurobond (astutamente
ribattezzati stability bond)
servirebbero anche (e soprattutto) a garantire la stabilità dell’Eurozona, mutualizzando, anche se in parte, i debiti europei. Questo significherebbe creare un meccanismo per sostenere i Paesi in difficoltà e per garantire a tutti i Governi la possibilità di finanziarsi sul mercato attraverso emissioni obbligazionarie
comuni. I risultati? Meno speculazione e riduzione degli spread.
Come convincere i tedeschi? Non è
semplice, anche perché per loro l’operazione avrebbe degli svantaggi
(soprattutto in termini di maggiore costo di finanziamento del proprio debito e
un rischio superiore a quello dei Bund tedeschi). Inoltre, per Angela Merkel è
più che mai difficile far accettare all’opinione pubblica una misura di
“socializzazione del debito”. Ma, a confronto, sono molto maggiori i costi
derivanti dalla lentezza e dall’inazione delle istituzioni europee – spiega
l’ex presidente della Commissione – e gli Eurobond produrrebbero effetti di
scala con un ritorno positivo per tutta Europa.
Insomma, secondo Delors, per l’Eurozona
sarebbe opportuno arrivare quanto prima ai titoli obbligazionari comuni, in una
doppia veste: quelli “pro debito”, emessi dal Meccanismo di Stabilità (ESM) e
quelli pro investimenti, emessi invece dalla Banca centrale europea. Nel primo
caso, con un effetto stabilizzante nel breve periodo, nel secondo, per
cementare crescita e coesione a lungo termine, spiega al The Guardian in un
articolo intitolato, non a caso, “Europe must use bonds to fight the debt
crisis on two fronts”.
Se questo non accadrà, l’Europa
rischierà di essere un oggetto non solo non identificato ma, ahinoi, inesistente.
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