Immagine tratta dalla locandina del film "Silvio forever" |
Se c’è stata una costante
nell’atteggiamento di Silvio Berlusconi al potere, ebbene, questa è stata la
cura dell’immagine. Un’ossessione che ha attraversato questi (quasi) 20 anni
con il preciso scopo di rimandare –
chiara e diretta – un’immagine, appunto, spesso rassicurante, il più delle
volte imbonitrice, comunque sorridente. A volte beffarda, ad ostentare una
sicurezza che non sempre c’era. Ma – si sa – a contare è quello “che si vede”:
la merce si compra per ciò che appare e l’elettore acquirente – questo il
Berlusconi-pensiero – deve essere conquistato proprio dall’apparenza.
Allora
ecco gli spot patinati (celebre rimane la “calza” che si è detto aver avvolto
le telecamere che riprendevano l’allora fondatore di Forza Italia), i
(dispendiosi) libri inviati “nelle case degli Italiani”, gli artefatti servizi
sui giornali di famiglia. Magia della pubblicità e tattica da marketing che si fondono, in
una strategia che lascia molto poco al caso. Una strategia inseguita a tutti i
costi, fino a produrre l’immagine grottesca degli ultimi tempi, sempre più
artificiale e sempre meno credibile in una patetica quanto illusoria fuga dalla
vecchiaia.
Ma
tra telecamere velate, trucchi di scena e cambi d’abito – un po’ come se tutto
fosse, in fondo, una grande giostra o una commedia dell’arte – gli anni sono
passati e, come sempre avviene, il trucco si rovina con il tempo, rivelando
impietosamente tutte le debolezze che fino ad un minuto prima nascondeva. Ecco
che allora oggi, a parlare più di ogni altra dichiarazione, è quel volto, cupo,
quasi trasfigurato, che per la prima volta disubbidisce alla ferrea disciplina
del sorridere. Non c’è più spazio per il sorriso, anche se forzato. Non è più
il momento di studiare l’immagine migliore da offrire.
Non è più tempo di
mescolare estetica e potere.
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