giovedì 23 febbraio 2012

È il denaro, bellezza

Marinus van Reymerswaele, Il cambiavalute e sua moglie, 1540
Per anni gli italiani si sono nutriti del mito del self made man equivocamente (e immeritatamente) incarnato da Berlusconi.
Per anni hanno incensato l’imprenditore-politico, benevolmente invidiandone le ricchezze e trascurando i modi poco limpidi attraverso cui, in buona parte, se le era procurate.
Per anni hanno visto in lui l’incarnazione di quello che avrebbero voluto essere, l’idea immaginaria e idealtipica di se stessi, il desiderio recondito, il sogno nel cassetto.

E oggi?

Oggi tutti a prendersela con i ministri del Governo Monti (ottimo come sempre il Buongiorno di Gramellini su La Stampa), che – sfidando anni ed anni di opacità e di sommerso – hanno coraggiosamente infranto la tradizione pubblicando i dati relativi ai loro redditi e alle loro proprietà.

Ci saremmo attesi se non un coro di applausi, almeno un cenno di benevolenza e di approvazione per una simile operazione trasparenza.

E, invece, un coro si è levato, ma un coro di scomposte reazioni, infarcite di luoghi comuni e di demagogia, dove la ricchezza – che fino a prova contraria queste persone si sono meritate – viene additata e messa alla gogna, con un’ostinazione degna dei peggiori strali mediovali. La pecunia – improvvisamente – è maledetta e sospetta, mentre stranamente non lo era nell’era dei Berluscones.

Insomma, si condanna quando non c’è da condannare e non si condanna quando c’è da condannare.

Viene da chiedersi ... ma che strano paese è questo?

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