Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’Ue. Almeno rispetto all’inazione cui ci aveva abituati. Già perché nel corso del vertice informale svoltosi lo scorso lunedì a Bruxelles, è stato messo a punto un nuovo Trattato, significativamente intitolato “sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria”. L’obiettivo? Essenzialmente quello di introdurre una disciplina fiscale più stringente, per mezzo di sanzioni (quasi) automatiche e forme di sorveglianza più efficaci.
Il
trattato – più noto sotto la (mediatica) denominazione di “Fiscal compact” – sarà firmato a Marzo. Molte le
novità introdotte. In primis, il rigore di bilancio. I paesi Ue, infatti, si impegnano a mantenere il
deficit (grandezza di flusso derivante dalla differenza tra entrate e uscite
pubbliche) sostanzialmente in equilibrio, con un valore massimo dello 0,5%
rispetto al PIL. Pena l’applicazione di meccanismi correttivi automatici,
attuati nel “rispetto delle prerogative dei Parlamenti nazionali”, si legge
nella bozza di accordo.
Per quanto
riguarda il debito pubblico (quella grandezza di stock che rappresenta il totale degli
obblighi accumulati dallo Stato), invece, è stato ribadito il tetto del 60%
rispetto al prodotto interno lordo, impegnando gli Stati ad un piano di rientro
pari ad 1/20 l’anno. Meccanismi
più flessibili sono stati previsti per permettere l’adeguamento anche a paesi
che – come l’Italia – eccedono di molto la soglia.
“È il
primo passo verso l’Unione fiscale e aumenterà di certo la fiducia verso l’area
Euro”, ha commentato il Presidente della BCE Mario Draghi. Tutti d’accordo, insomma. Tutti tranne uno,
anzi, due: Regno Unito e Repubblica Ceca, infatti, hanno deciso di tenersi
fuori dal nuovo patto.
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