Sempre più vicino il
cambio della guardia alla Banca Centrale europea dove, il prossimo primo
novembre, al posto del governatore uscente, Jean-Claude Trichet, si insedierà
l’italiano Mario Draghi.
Con
il suo quartier generale a Francoforte, la BCE è l’istituzione dell’Ue che ha
il compito (oggi più che mai ingrato) di controllare l’Euro e l’Eurozona,
determinando tassi di interesse e massa monetaria in circolazione. Il passaggio
di testimone avviene – sia pure in un mare in tempesta – all’insegna della
condivisione e della continuità, tanto che lo scorso agosto Trichet e Draghi
hanno scritto a quattro mani la famosa lettera indirizzata al Governo italiano,
contenente l’elenco di misure urgenti da adottare.
Francese,
68 anni, Trichet – in ordine, ministro del Tesoro e governatore della Banque
de France, dal 2003 alla guida
dell’Eurotower – ha combattuto numerose battaglie. Nel corso di estenuanti global
meeting, è riuscito a coordinare
(o per lo meno a non far scontrare) le diverse Banche centrali, mentre in piena
emergenza è riuscito – cosa non da poco – ad agire. Ma soprattutto ha
affrontato le resistenze di coloro che, in Germania, hanno fatto di tutto per
ostacolare i suoi recenti interventi nel mercato dei bond governativi. E, last but not least, ha
salvaguardato la stabilità dei prezzi.
E
ora se ne esce di scena – «non ho ancora riflettuto su quello che farò
nell’immediato futuro, sicuramente avrò più tempo per le mie nipoti» – con una
proposta coraggiosa: quella di creare un Ministro europeo delle Finanze, figura
unica di riferimento per tutta l’Eurozona. Già perché, nonostante tutto,
Trichet è ottimista sul futuro dell’Europa: «c’è una debolezza nella governance, non nell’Euro come moneta. Nessun paese e nessun
leader si assumerà la responsabilità di tornare indietro», ha dichiarato
qualche giorno fa in un’intervista al Financial Times. «Per l’Europa ci sono più motivi di unirsi in
campo economico-finanziario oggi che all’inizio del 1950 – aggiunge – e credo
proprio che la trasformazione dell’assetto mondiale, con l’emergere di Cina,
India, America Latina, inviterà ancora di più gli europei ad unirsi».
Quel
che è certo è che ad attendere Mario Draghi – dotato di grandi competenze
tecniche e di credibilità internazionale – ci sono temi più che scottanti: la
questione delle banche e quella dei debiti sovrani, il dibattito sulle regole
del mondo della finanza e le decisioni da prendere in merito al cosiddetto
fondo di stabilità. Così come la querelle sull’acquisto dei bond governativi italiani e spagnoli. Ma anche –
come se non bastasse – temi più tradizionali, come la politica monetaria e la
strategia dei tassi di interesse, con l’eterno scontro tra chi preferisce
stimolare la ripresa economica e chi vuole combattere l’inflazione.
Tutte questioni che il governatore uscente della Banca
di Italia dovrà affrontare scontando alcune difficoltà aggiuntive, a cominciare
dal tiepidissimo endorsement da parte del
governo italiano. E poi la nazionalità: il fatto di provenire da un Paese con
un debito pubblico di tali dimensioni scontenta tutti quelli che avrebbero
voluto affidare la guida della autorità monetaria europea ad un paese meno
importante ma più virtuoso. E, infine, la facile accusa di una sorta di
“conflitto di interesse”, a rendere ancora più difficili (ed imbarazzanti) i
già mal digeriti interventi di sostegno ai Titoli del tesoro italiano.
«L’Italia deve salvarsi da sola e non sperare nell’intervento di eserciti
d’oltralpe» si è affrettato a dichiarare poco tempo fa per fugare ogni dubbio.
Come si suol dire, a buon intenditor, poche parole.
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