giovedì 20 ottobre 2011

Manovre di salvataggio



Sono ore, queste, a dir poco concitate per l’Europa. Ieri sera si è tenuto a Francoforte un supervertice improvvisato tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, insieme ai numeri uno della BCE. L’occasione? La cerimonia di fine mandato di Jean-Claude Trichet, che tra pochi giorni abbandonerà ufficialmente la carica di Presidente della Banca centrale europea in favore dell’italiano Mario Draghi. Cerimonia che – vista l’urgenza della crisi – si è tramutata in un vertice ristretto per cercare, in extremis, soluzioni da mettere sul tappeto nel corso del Consiglio europeo in programma per il fine settimana.
L’allarme economico, infatti, è salito a livelli emergenziali e l’imminente summit tra i leader europei si preannuncia più delicato che mai. Nel frattempo, sembra vacillare l’entente cordiale franco-tedesca: nonostante la condivisione degli ultimi tempi, Merkel e Sarkozy non hanno ancora trovato l’accordo su alcuni aspetti centrali nella gestione della crisi del debito. Ferma la volontà comune di aumentare la dotazione del cosiddetto “Fondo salva stati”, ancora in alto mare sono le scelte circa il funzionamento (procedure e poteri) dello stesso.
Ma che cosa è esattamente il Fondo europeo salva stati? L’European Financial Stability Facilty (questa la dicitura inglese) altro non è che una società di diritto lussemburghese i cui azionisti sono i 17 paesi di Eurolandia. Istituito nel giugno 2010, il suo compito è quello di aiutare gli Stati europei in difficoltà. Come? Emettendo obbligazioni ed altri strumenti di debito con massimo rating (ossia tripla A).
Da chi è garantito? Dai singoli bilanci dei Paesi europei. E – sa va sans dire – questo è il problema, dato che proprio oggi le agenzie di valutazione internazionale hanno annunciato di essere pronte a tagliare l’affidabilità del debito di Parigi, facendo così venire meno uno dei capisaldi dell’intero meccanismo di salvataggio. Il tutto reso ancora più traballante da una Germania con crescita dimezzata ed esportazioni in caduta libera.
E non finisce qui. Recentemente – tra aspre polemiche – il Fondo di  stabilità ha visto aumentate (e di molto) le proprie competenze, decisione che a fine settembre è stata ratificata anche dal riluttante parlamento tedesco. La versione evoluta dell’Efsf prevede che questo possa non solo intervenire sul mercato secondario (acquistando titoli di Stato di Paesi in difficoltà), ma anche agire a sostegno delle banche da ricapitalizzare. Aspetto, quest’ultimo, particolarmente caro a Sarkozy, impegnato nel (difficile) tentativo di salvare dal fallimento gli istituti bancari francesi, nelle cui casse abbondano i titoli dei paesi più deboli. «Le trattative sono in corso», fanno sapere da Berlino, mentre un accorato Barroso implora: «trovate un compromesso». 

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