Sono ore, queste, a dir
poco concitate per l’Europa. Ieri sera si è tenuto a Francoforte un
supervertice improvvisato tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, insieme ai
numeri uno della BCE. L’occasione? La cerimonia di fine mandato di Jean-Claude Trichet, che tra pochi giorni abbandonerà ufficialmente la carica di Presidente
della Banca centrale europea in favore dell’italiano Mario Draghi. Cerimonia
che – vista l’urgenza della crisi – si è tramutata in un vertice ristretto per
cercare, in extremis, soluzioni
da mettere sul tappeto nel corso del Consiglio europeo in programma per il fine
settimana.
L’allarme
economico, infatti, è salito a livelli emergenziali e l’imminente summit tra i
leader europei si preannuncia più delicato che mai. Nel frattempo, sembra
vacillare l’entente cordiale franco-tedesca: nonostante la condivisione degli
ultimi tempi, Merkel e Sarkozy non hanno ancora trovato l’accordo su alcuni
aspetti centrali nella gestione della crisi del debito. Ferma la volontà comune
di aumentare la dotazione del cosiddetto “Fondo salva stati”, ancora in alto
mare sono le scelte circa il funzionamento (procedure e poteri) dello stesso.
Ma
che cosa è esattamente il Fondo europeo salva stati? L’European Financial Stability Facilty (questa la dicitura inglese) altro non è che una società di
diritto lussemburghese i cui azionisti sono i 17 paesi di Eurolandia. Istituito
nel giugno 2010, il suo compito è quello di aiutare gli Stati europei in
difficoltà. Come? Emettendo obbligazioni ed altri strumenti di debito con
massimo rating (ossia tripla A).
Da
chi è garantito? Dai singoli bilanci dei Paesi europei. E – sa va sans dire – questo è il problema, dato che proprio oggi le
agenzie di valutazione internazionale hanno annunciato di essere pronte a
tagliare l’affidabilità del debito di Parigi, facendo così venire meno uno dei
capisaldi dell’intero meccanismo di salvataggio. Il tutto reso ancora più
traballante da una Germania con crescita dimezzata ed esportazioni in caduta
libera.
E
non finisce qui. Recentemente – tra aspre polemiche – il Fondo di stabilità ha visto aumentate (e di
molto) le proprie competenze, decisione che a fine settembre è stata ratificata
anche dal riluttante parlamento tedesco. La versione evoluta dell’Efsf prevede
che questo possa non solo intervenire sul mercato secondario (acquistando
titoli di Stato di Paesi in difficoltà), ma anche agire a sostegno delle banche
da ricapitalizzare. Aspetto, quest’ultimo, particolarmente caro a Sarkozy,
impegnato nel (difficile) tentativo di salvare dal fallimento gli istituti
bancari francesi, nelle cui casse abbondano i titoli dei paesi più deboli.
«Le trattative sono in corso», fanno sapere da Berlino, mentre un accorato
Barroso implora: «trovate un compromesso».
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