Ci risiamo.
La lega rispolvera uno dei suoi cavalli di battaglia, il tormentone della
regionalizzazione della cultura. E per nostra sfortuna ci delizia con nobili
crociate culturali. Nel “Buongiorno” de La Stampa di qualche giorno fa, Massimo
Gramellini riportava una notizia lanciata da un blog che ha dell’inquietante.
Ma forse (giudicate voi!) è maggiore la componente comica.
Le cose stanno così: la città di Mantova si sta preparando – con
tutta la pompa magna del caso – alle celebrazioni in onore di un suo cittadino
(piuttosto) speciale e (certamente) illustre: niente meno che Virgilio, che nel
70 a.C. nasceva in un villaggio non lontano dalla città. Sì, il Virgilio de L’Eneide, ma anche delle Bucoliche e delle Georgiche, assunto da Dante come il simbolo stesso
della ragione umana e delle sue più alte realizzazioni.
Ma qualcuno sembra non gradire. Chi può mai – direte voi – fare
una levata di scudi contro le sacrosante celebrazioni al poeta (che poi,
diciamolo, in fondo se le è forse meritate)? Tal Vincenzo Chizzini, assessore
leghista al Turismo al Comune di Mantova, contrario a festeggiare quel
traditore (Virgilio, per l’appunto) che ha osato lasciare la terra natia per
approdare – quale vergogna! – nelle zone meridionali della penisola.
Famosissimo, infatti (e deve aver colpito non poco Chizzini),
l’epitaffio del poeta che recita: «Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenec
nunc Parthenope»,
ossia Mantova mi generò, la Calabria (in realtà l’odierna Puglia) mi rapì; ora
mi custodisce Napoli. Meglio sarebbe, propone l’assessore, celebrare Teofilo
Folengo, gloria locale (lui sì, dall’inizio alla fine!) e padre della lingua
maccheronica.
Ebbene sì, ci risiamo. Ricordo ancora, anni fa, la polemica
leghista sull’Inno di Mameli e sulla canzone del Piave. Ricordo ancora il
disarmante piano scuola del Carroccio, secondo cui – udite udite ! - gli
studenti del Nord dovrebbero formarsi su autori settentrionali, mentre quelli
del Sud su scrittori del Mezzogiorno.
Regionalizzare la cultura. Sciocca fantascienza, certo. Ma è una
sciocchezza pericolosa. E irrispettosa, soprattutto in Italia. Già perché in
una storia nazionale percorsa da fratture come la nostra, la cultura (e in
particolare la letteratura), hanno costituito da sempre flebile ma saldo
veicolo di unitarietà.
Prosa e poesia – lungimiranti avanguardie - hanno garantito,
anche nelle età più tristi, un'unità che si realizzava nonostante ogni
differenza. Il motivo nazionale ha intriso di sé parole e componimenti, mentre
la comunanza di lingua e cultura ha rappresentato sempre (lontane erano l’unità
politica e l’indipendenza), fattore di unificazione sentimentale. Un’Italia che
per secoli non fu uno Stato unitario ma sentì fortemente ed espresse nella sua
letteratura il proprio esser nazione. Ecco perché, oltre che ridicolo, è
tristemente grottesco voler dividere l'Italia di Pirandello dall'Italia di
Manzoni.
*_*
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